Questa è una storia che odora di miscela, benzina, olio, gomme, fumo di marmitte. Se chiudete gli occhi, potrete ascoltare il dolce rombo del motore due tempi e quello più borbottante quattro tempi; il rumore dei ferri del mestiere e il sibilo di una marmitta a spillo. Era la vita di un’officina, ma non una qualunque, era quella di via Cavour. Lì c’era un meccanico straordinario che sapeva parlare ai motori come pochi al mondo, e non esagero. In cinquantacinque anni tutte le generazioni dei latinensi si sono affidate alle sue mani esperte per riparare moto e motorini. Lui si chiamava Ivo Cristofoli, ma per tutti era solo Ivo
Come posso dimenticare gli anni settanta, gli anni della mia adolescenza, in giro per Latina nelle varie comitive. Quasi tutti, ragazzi e ragazze, avevano il motorino, tranne me: i miei genitori avevano paura che mi facessi male. Ma tanto giravo lo stesso con i miei amici. Ricordo quasi tutti i “cinquantini” di quell’epoca: il Ciao, la Vespa, la Lambretta Lui, l’Aspes, il Caballero, il Moto Morini, l’Italjet, il Garelli, il Malaguti il Benelli… tutte marche italiane. Alcune erano vere e proprie motociclette in formato ridotto. I ragazzi smaliziati, per essere più veloci, li facevano truccare e i “cinquantini” potevano pure gareggiare con i “centoventicinque” e vincere la corsa.
Però i motorini truccati avevano bisogno di più manutenzione. Ricordo si girava con i ferri per smontare le candele e un pezzo di carta smeriglio che si usava quando si sporcavano di olio. Poi giù con la leva di accensione, cercando di far ripartire il motore. Se il problema persisteva, necessariamente, si doveva andare dal meccanico a volte spingendo il motorino per chilometri. I miei amici si fidavano solo di uno, Ivo Cristofoli: “Andiamo da Ivo che l’aggiusta”. Ma bisognava fare la fila e attendere il proprio turno. Poi, sotto le sue mani esperte, il motorino magicamente ripartiva e via di corsa in giro per la città.
Ivo aveva l’officina vicino le poste in via Cavour ed era sempre pieno di motorini e moto da riparare. La mattina li tirava fuori, sul marciapiede, e la sera li rimetteva dentro. Il solo pensiero mi fa sentire stanco. Non ricordo bene come sono arrivato a questa storia, forse mi è capitata per caso. Parlando con qualche motociclista mi è venuta voglia di raccontarla. Tramite Facebook, che ormai ha soppiantato l’elenco telefonico, mi sono messo in contatto con Monica, la figlia di Ivo. Ci siamo dati appuntamento a Borgo San Michele, quartier generale della famiglia Cristofoli.
Immaginavo di incontrare solo lei e la sorella gemella Stefania, e invece mi sono ritrovato una dozzina di persone. La famiglia al completo, compreso nipoti e pronipoti e in aggiunta alcuni vecchi amici di Ivo. È stato un po’ difficile tenere a bada tutti, ma ci siamo divertiti e a tratti emozionati. Più vado avanti nella mia missione, e più scopro persone geniali che appartengono indelebilmente alla storia della nostra città.
La storia di Ivo, il meccanico dalle mani d’oro
Ivo Cristofoli nasce il 27 luglio del 1942 a Littoria (oggi Latina). È il quarto di otto figli, sette maschi e una femmina. Il papà Arturo è veneto e fa il ferraiolo, la mamma Caterina, anche lei veneta, bada ai suoi numerosi figli. Sono arrivati nell’Agro Pontino negli anni trenta, ospiti in un podere di alcuni parenti. In una famiglia numerosa anche i ragazzini, dopo la quinta elementare, devono contribuire all’economia familiare. È così Ivo inizia a lavorare a dodici anni per imparare un mestiere.
Da Borgo San Michele, dove sono andati ad abitare, tutte le mattine parte in bicicletta per raggiungere l’officina di moto e ciclomotori, vicino le poste, di Vittorio Farabegoli soprannominato “Bricola”. Nell’officina di Vittorio ci lavora anche il fratello Franco, detto “Bricoletto”. Ivo si appassiona subito a quel lavoro e Vittorio se ne accorge. Apprezza quel ragazzetto silenzioso e laborioso. Decide così di trasmettergli tutto il suo sapere. In pochi anni, per Ivo, i motori non avranno più segreti.
Al di fuori del lavoro ama divertirsi e uscire con gli amici. Nel 1961 con Oscar, suo amico inseparabile, va in una sala da ballo a Borgo Grappa e conosce Maria, una ragazzetta di quattordici anni, anche lei di origine veneta. Tra i due scocca subito la scintilla. Si sposeranno cinque anni dopo e nel 1968 avranno due figlie gemelle, Monica e Stefania. Intanto il suo datore di lavoro ha deciso di lasciare l’Italia, per tentare la fortuna in Venezuela. L’officina è ora nelle mani del fratello Franco. Ma anche lui, nel 1965, decide di cambiare lavoro. Ivo, ormai esperto e sicuro di se, decide di prenderla lui.
Sono gli anni del boom economico e Latina è piena di giovani che girano in motorino e motociclette. La bicicletta ormai la usano solo gli anziani. Tutti i ragazzi vanno da Ivo per risolvere i guasti del proprio mezzo, ma in molti vanno pure per rettificarlo e correre più veloci. Ivo si dedica anche alle gare motociclistiche e assiste più di qualche pilota, tra questi il campione nazionale Attilio Riondato, Uccio Milizia, Ernesto Lattanzi, Roberto Bertucci e il romano Giorgio ferretti, vincitore del Trofeo Italia.
Nel 1975 apre la prima concessionaria Honda, di Maria Vittoria Grossi, diretta da Carlo Mancini, il quale, conoscendo le competenze e la serietà di Ivo, gli affida l’assistenza tecnica. Nel 1977 la Honda presenta un nuovo modello di moto, la CX 500. Al debutto viene riscontrato un difetto di fabbricazione che non riescono a risolvere. Il guaio è grosso, perché le moto sono già in vendita in tutto il mondo. Ivo la smonta e riesce a scoprire il difetto.
A Latina arrivano due ingegneri giapponesi, hanno la tuta e guanti bianchi. In officina si confrontano con Ivo che spiega loro il problema. I due si complimentano con il meccanico di Latina, e tornano in Giappone con in mano la soluzione di un problema che rischiava di fermare la produzione della CX 500. In quegli anni la Honda organizzerà diversi test nazionali per premiare il miglior meccanico, Ivo sarà quasi sempre primo. Inoltre sarà premiato come miglior artigiano di Latina.
La sua notorietà tra i motociclisti cresce e per i tagliandi arriveranno addirittura da Napoli. Ivo, oltre al suo lavoro, ha altre passioni. Ama pescare, soprattutto tonni, fare pesca subacquea e andare a caccia, ma anche stare con i suoi tanti amici, tra i più stretti Ottavio Tomei. Dal suo lavoro non si staccherà mai, continuerà fino al giorno del suo ricovero in ospedale a gennaio del 2020. Gli verrà diagnosticato un brutto male. Prima di operarlo il chirurgo gli confida che ha due moto da sistemare e lui gli risponde: “Tu sistema la mia testa che alle tue moto ci penso io”. Purtroppo Ivo non ce la farà, morirà il 26 gennaio del 2020 a settantotto anni.
Il funerale si svolge nella chiesetta di Borgo san Michele, gremita di amici e motociclisti. Alla fine della funzione romberanno i loro motori. A Latina, al corteo funebre, si aggiungeranno a ogni via altri motociclisti fino ad arrivare davanti la sua officina. Qualcuno alza la serranda, e un rumore assordante di motori saluta per l’ultima volta Ivo. Tutti quei motociclisti già sentono di essere orfani di quel meccanico gentile, geniale e sempre disponibile, dalla tuta pulita, mai sporca di grasso.
La moglie Maria, e le figlie gemelle raccontano
Nostro padre da bambine ci regalò due tricicli, ma non erano normali tricicli, erano piccole moto da cross con le rotelle” Esordisce Monica sorridendo.
A scuola ci accompagnava e ci veniva a prendere sempre lui. Anche quando c’era l’incontro con i professori non mancava mai. Le nostre professoresse il giorno dopo ci facevano i complimenti perché era un bell’uomo” Dice Stefania, facendo trapelare un po’ di gelosia.
Maria, lei era gelosa di Ivo?
“Non lo sono mai stata. Lui era geloso di me e soprattutto delle figlie”
Un grande amore il vostro?
“Sì, veramente un grande amore. Siamo sempre andati d’accordo. Viveva per la famiglia e per il lavoro. Quando chiudeva per ferie c’era sempre qualcuno che veniva a casa, a cercarlo, per qualche riparazione urgente. Non si è mai tirato indietro, sempre disponibile”
Stefania, tuo papà era severo con te e tua sorella?
“Un po’ lo era, ma non eccessivamente. Ricordo la prima volta che ci ha visto truccate: dovevamo andare a comprare delle cose alla Standa e passammo in officina per chiedergli i soldi. Lui era con dei clienti, ci venne incontro e con un dito ci sporcò le guance di grasso: “Ora andate a lavarvi e poi tornate qui e mi dite quello che dovevate chiedermi”. Comunque bastava il suo sguardo per capire se c’era qualcosa che lo infastidiva. Se diceva no, era un no definitivo”
Maria, Stefania e Monica ricordano la generosità di Ivo verso le persone meno fortunate e per i ragazzini del borgo:
“Ivo aveva dei motorini usati in officina, li sistemava e poi li regalava ai braccianti agricoli indiani che lavorano in queste campagne. Anche alle persone che sapeva in difficoltà non chiedeva nulla per la riparazione. Se lo faceva lasciare e il giorno dopo diceva che era una sciocchezza, e quindi li mandava via senza pagare. Era il suo modo di sdebitarsi con la vita. La domenica trovava il tempo pure per dedicarsi ai ragazzini del borgo organizzando gare di motocross. C’era il figlio del farmacista Saverio D’Ottavi che veniva all’alba per assicurarsi una delle moto che portava”
Dalla scuola di Ivo sono usciti tutti ottimi meccanici, come Uccio Milizia, Ernesto Lattanzi e Loris Cozzi che vinse il campionato italiano di miglior meccanico Toyota e si classificò secondo in quello europeo, sempre Toyota, premiato in Giappone.
Ivo con la sua quinta elementare era riuscito dove gli ingegneri giapponesi della Honda non erano arrivati. Immagino la sua soddisfazione, anche se in lui prevaleva l’umiltà. Ringrazio Maria, Monica, Stefania e tutti gli amici di Ivo presenti all’incontro, per avermi trasmesso belle emozioni.
(credit Emilio Andreoli – Articolo Fatto a Latina )