“Le difficoltà rafforzano la mente, così come il lavoro irrobustisce il corpo”.
Lo scriveva più di duemila anni fa il filosofo e drammaturgo romano Lucio Anneo Seneca, fermando per l’eternità un pensiero che, nei millenni successivi, sarebbe stato non solo confermato, ma addirittura ampliato e approfondito, divenendo oggetto di studi accademici.
Sì, perché la capacità dei problemi di forgiare la mente e l’animo umano rappresenta uno dei cardini della filosofia e della psicologia moderna, ed è il nucleo centrale di un concetto quanto mai attuale: quello della resilienza.
Ne leggiamo e ne sentiamo spesso parlare, a volte con la percezione che scrivere e citare la resilienza sia diventata quasi una moda, ma dietro questa apparente diffusione smisurata di un vocabolo, si cela un universo di contenuti che tutti dovremmo sempre conoscere e tenere ben a mente al fine di apprezzarne il reale valore.
Per farlo, il prima passo fondamentale è quello di fare nostro il vero significato del termine resilienza: nel vocabolario italiano questa viene definita come “la capacità di adattamento di un essere vivente di fronte a traumi, difficoltà e situazioni avverse”.
Si tratta di una descrizione che, paradossalmente, non fuga il nostro dubbio di conoscenza, ma ci porta inevitabilmente a porci nuovi quesiti: “Che si intende per avversità?”, “Che cosa significa adattarsi?”, “È una caratteristica che appartiene solo a determinate persone?”, “Come si manifesta?” “Dipende dall’età?”, “Per superare le avversità è meglio essere flessibili?” e si potrebbe andare avanti così ancora a lungo.
In tutte queste domande non si cela solo la ricerca di una spiegazione del termine resilienza, ma anche la complessità di un concetto tanto vasto quanto articolato.
Pensate che la diffusione del vocabolo “resilienza” risale alla metà dell’Ottocento: nel campo della fisica e dell’ingegneria viene utilizzato per indicare la capacità di un materiale di resistere a urti improvvisi senza spezzarsi.
Ma dobbiamo attendere più di cento anni perché questo venga utilizzato con l’accezione che oggi conosciamo meglio: solo negli anni Settanta, lo psichiatra inglese Michael Rutter lo prende in prestito per utilizzarlo in campo medico.
Ne sono seguiti una serie di studi che hanno evidenziato diversi concetti, di cui due su tutti risultano maggiormente interessanti: il primo, basato su un criterio di ragionamento in negativo, descrive la resilienza come un antidoto ad una patologia; il secondo fa riferimento a un approccio positivo e mette in luce il suo ruolo di sviluppo e crescita. Alcuni studiosi sostengono che la resilienza sia un processo mediante il quale gli individui superano le esperienze avverse a cui sono esposti senza subire gravi danni e sviluppare psicopatologie.
Ecco, dunque, che si torna inevitabilmente ad uno degli interrogativi che ci siamo posti poco sopra: cosa si intende davvero per avversità? La risposta deve tenere conto di due aspetti, perché non è determinata solo dalla situazione in sé, ma anche dal modo in cui ognuno di noi la interpreta. L’avversità è quindi una stretta combinazione di entrambi gli aspetti.
Ciascuna difficoltà può rappresentare una prova più o meno ardua da superare, in relazione alla nostra capacità di confronto con essa.
Una volta assunta l’impossibilità di tracciare un profilo universale del concetto di avversità, alla luce della soggettività che questa racchiude, possiamo spostare il nostro punto di osservazione su ciò che rimane dentro di noi dopo che quella contrarietà viene affrontata.
Ci sono quattro elementi che denotano la capacità di essere usciti rafforzati da una determinata difficoltà, senza che questa abbia creato dei danni dentro di noi.
La prima è senza dubbio l’assenza di ricordi intrusivi legati alle esperienze traumatiche: spesso quanto vissuto si può ripresentare sotto forma di flashback, magari stimolato dalla percezione di un rumore, un odore, un colore o un qualsiasi altro stimolo che riconduca all’esperienza dolorosa. Attraverso le immagini che compaiono improvvisamente nella nostra mente, torniamo a rivivere il dolore e il malessere provato, che ciclicamente ci riporta indietro nel passato.
In assenza di questo fenomeno, possiamo iniziare a prendere in esami gli altri aspetti: ce n’è uno, strettamente legato al primo, che riguarda l’integrità della nostra memoria e delle nostre emozioni in relazione all’avversità vissuta. Se siamo riusciti a mantenere allineati dentro di noi tutti i tasselli che compongono i nostri ricordi e la nostra emotività riguardo quel determinato episodio, allora siamo stati in grado di custodire la pienezza dell’esperienza provata, disinnescando quel processo che vede creare delle lacune dentro di noi, nel tentativo di cancellare definitivamente il sentimento negativo provato.
C’è poi il tema legato all’autostima: spesso alcune persone tendono a colpevolizzarsi per quanto gli è accaduto, come se quanto vissuto fosse il risultato di una loro incapacità. Diversamente, riuscire a mantenere una considerazione positiva di sé stessi nonostante l’esperienza traumatica, sta a testimoniare come questa non abbia prodotto un danno nella visione cosciente del proprio “io”, e quindi si possa iniziare a ritenere come una prova di rafforzamento della propria identità personale.
L’ultimo, ma non per questo meno fondamentale aspetto, è quello legato all’elaborazione di un significato positivo di quanto vissuto: persino nelle situazioni più drammatiche è possibile individuare elementi positivi. Avere una capacità resiliente aiuta a riconoscerli e a farli propri, andando ad arricchire il bagaglio intimo e personale legato alla nostra esperienza di vita. Questo ci permetterà in futuro di riconoscere i segnali di quanto provato, qualora questi dovessero ripresentarsi sul nostro cammino.
C’è da fare una precisazione: come visto nel caso dell’empatia (scopri il significato e senso dell’empatia con questo articolo Empatia ricerca del benessere e della felicità), la resilienza non è una dote innata, ma una capacità che si può sviluppare, lavorando su noi stessi e prendendo coscienza della nostra individualità.
Ci sono dei tratti della nostra personalità che rappresentano alcune caratteristiche strutturali in grado di contribuire allo sviluppo della nostra resilienza, e quindi alla nostra capacità di affrontare in modo positivo una perdita o un trauma, adattandoci all’esperienza vissuta.
Avere una visione equilibrata della nostra vita è uno dei tratti sui quali si poggia la capacità di essere resilienti, così come l’essere perseveranti e l’avere fiducia in noi stessi: si tratta di tre elementi imprescindibili non solo nello sviluppo della resilienza, ma in un percorso di crescita e di miglioramento personale. Un’altra caratteristica fondamentale, e spesso sottovalutata, è quella legata alla nostra autonomia personale: essere indipendenti e centrati su noi stessi ci aiuta a guardare con un occhio diverso tutta la nostra esistenza, e soprattutto le difficoltà che ci troveremo ad incontrare, e ci aiuta ad attribuire un significato alla nostra vita, ponendoci obiettivi stratificati che ci permettano di cogliere i risultati desiderati attraverso il raggiungimento di traguardi intermedi.
Gli studi hanno rilevato, inoltre, chi possiede e sviluppa queste caratteristiche sperimenta più emozioni positive nelle situazioni stressanti, dimostrando non solo una profonda attitudine alla resilienza, ma anche una forte propensione alla crescita personale.
Ed è proprio per questo che anche la resilienza, come gli altri aspetti trattati nelle scorse settimane, è uno degli elementi su cui si fonda l’Academy “Comunicazione Vincente”, l’innovativo percorso di formazione che ho studiato per aiutare tutti coloro che vogliono acquisire nuove competenze utili al miglioramento della loro vita.
Si tratta di un programma di dieci appuntamenti, che inizierà lunedì prossimo, 26 febbraio, e che con cadenza mensile andrà ad approfondire tematiche e aspetti che ci insegnino ad acquisire la consapevolezza e le capacità che servono per guardare gli ostacoli con occhi diversi, lavorando per reinventare e riscrivere il nostro futuro.
Il primo appuntamento sarà lunedì 26 febbraio [email protected] per maggiori informazioni, prenotazioni.