Fare la mamma: semplice a dirsi, un po’ meno a farsi. Figuriamoci se, a complicare le cose, si aggiunge una malattia degenerativa. E se fosse invece l’inizio di qualcosa e non la fine?
Ribaltare prospettive è il compito degli “influencer della positività”: come Laura Miola, che ha trent’anni, un sorriso contagioso, un marito con cui è fidanzata da quando ne aveva 12 e un figlio, Ferdinando.
Se è vero che tutte le principesse debbano avere un cavallo bianco, lei è in sella ad una sedia a rotelle da quando aveva 21 anni, costretta dalla Charcot-Marie-Tooth, nota anche come neuropatia motorio-sensitiva ereditaria.
Eppure, la carrozzina è un dettaglio che non stona: sarà che, quando sei felice, non c’è filtro né inquadratura o luminosità che tengano. L’essere costantemente legati ad una sedia cessa di essere un ostacolo se ci si sente liberi di non arrendersi pur dovendoci convivere.
Per smettere di guardare con imbarazzo alla disabilità e renderla qualcosa di davvero “normale” non c’è modo migliore che raccontarla, mostrarla per la cosa piena di bellezza che è, come fa Laura con la sua vita social, incorniciando pezzi di realtà sulla sua bacheca, che restano gioiose testimonianze di quotidianità ed impegnandosi nel sociale per la realizzazione di questo obiettivo: è infatti delegata all’Inclusione sociale del Comune di Minturno.
Ha sposato l’amore della sua vita, poi ha dato un nome alla sua malattia e finalmente, ha avverato il più grande sogno di sempre: diventare mamma.
E questa immagine di “mamma seduta”, come si definisce lei, spinta dal suo bambino di un anno e mezzo in giro per casa ci ribadisce all’occorrenza, senza bisogno di spiegazione alcuna, uno dei moniti più importanti in una società sempre più dedita all’individualismo: aiutare il prossimo, non per compassione, pietà, assistenzialismo o gratificazione personale, ma perché, semplicemente è bello, è giusto e questo dovrebbe essere normalità.