Un ritardo di oltre un anno e mezzo nella diagnosi di un tumore è costato caro all’Asl di Latina, che è stata condannata dal Tribunale civile a risarcire un insegnante 72enne del capoluogo. Da quanto si apprende l’uomo aveva intrapreso un percorso medico nel febbraio del 2017 presso l’ospedale “Goretti” a causa di un’anemia persistente. Nonostante le cure iniziali, che comprendevano farmaci ed emotrasfusioni, le sue condizioni di salute non mostravano miglioramenti significativi.
La svolta nella vicenda si è verificata solo nel giugno del 2018, quando il paziente, insoddisfatto dei riscontri ottenuti a Latina, si è rivolto al Policlinico Gemelli di Roma. Qui, purtroppo, è arrivata la diagnosi definitiva e inequivocabile: un tumore inoperabile.
La sezione civile del Tribunale di Latina, nella sua recente sentenza, ha accertato un nesso causale tra il ritardo diagnostico e una condotta negligente da parte dei sanitari dell’Asl. L’esito della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice è stato dirimente: il quadro clinico dell’insegnante, sin dai primi accertamenti, avrebbe dovuto allertare i medici e indurli a prescrivere ulteriori esami diagnostici. Invece, l’approccio adottato è stato giudicato “attendista” e “non consono alle esigenze del paziente”, compromettendo di fatto le sue possibilità di ricevere cure tempestive.
La “perdita di chance”, ovvero la privazione della possibilità di ottenere un esito più favorevole grazie a una diagnosi precoce, è stata quantificata dal Tribunale in un significativo 40%. Questa percentuale è stata determinata sulla base di studi scientifici e statistiche presentate dai consulenti tecnici, tenendo in considerazione l’età del paziente, le sue condizioni di salute preesistenti e il considerevole ritardo di diciotto mesi nella formulazione della diagnosi corretta. Tale ritardo ha inevitabilmente comportato un peggioramento del quadro clinico, facendo evolvere il rischio di recidiva da basso a intermedio.
La sentenza del Tribunale di Latina richiama esplicitamente un precedente della Corte di Cassazione, che definisce la perdita di chance non patrimoniale come «la privazione della possibilità di ottenere un vantaggio sperato, incerto ed eventuale, che può tradursi in migliori opportunità di cura, maggiore durata della vita o minori sofferenze».
Accogliendo pienamente le argomentazioni presentate dall’avvocato Fusco, il Tribunale ha dunque riconosciuto la responsabilità dell’Asl di Latina e l’ha condannata al risarcimento dei danni subiti dall’insegnante.