La Polizia di Stato di Latina ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 12 persone, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, di cui quattro, sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere; sette sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari ed uno sottoposto alla misura cautelare del divieto di dimora nella provincia di Latina, tutti indagati a vario titolo per reati in materia fiscale e tributaria, violazioni della legge fallimentare, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, falso, corruzione, riciclaggio, accesso abusivo a sistema informatico, rivelazioni di segreto d’ufficio, favoreggiamento reale, turbativa d’asta, sequestro di persona e detenzione e porto d’armi da fuoco. Eseguito anche il sequestro preventivo di 4 societa’.
Secondo quanto si apprende, le indagini, sono partite a seguito di una denuncia sporta nel dicembre del 2017, nella quale un uomo dichiarava di aver rinvenuto una busta dinanzi alla porta d’ingresso del suo ufficio, intestata “al signor Luigi” e contenente alcune munizioni ed un biglietto con la scritta “bastardo devi pagare”. Notizia di reato poi rivelatasi costruita ad arte dal denunciante, con la presunta complicita’ di un ex poliziotto. Gli elementi raccolti nel corso dell’indagine, dai poliziotti delle squadre mobili di Latina, Napoli, Lucca e Caserta, anche alla luce delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di affermare come alcuni degli indagati abbiano simulato un’estorsione a carico di un uomo, tentando di incolpare ingiustamente di tale condotta altre persone; scopo dell’operazione era attribuire a Biagio I. e Rocco I. la responsabilita’ non solo dell’estorsione in danno di D.G. Luigi, ma anche quella di aver dato mandato ad Armando D.S. ,per il recupero dei 50.000,00 euro versati a titolo di caparra confirmatoria al D.G. Luigi, per l’acquisto di un terreno.
Le attivita’ tecniche di intercettazione, dunque, svolte al fine di accertare l’identita’ dell’autore delle intimidazioni apparentemente realizzate ai danni di D.G. Luigi hanno consentito diversamente di apprendere la consumazione di una serie rilevante di reati di matrice economica riconducibili al mondo imprenditoriale facente capo a I. Luciano. In particolare emergeva sin dall’inizio dell’attivita’ tecnica come dietro a D. G. Luigi ed alle imprese dallo stesso rappresentante si celava I. Luciano, reale amministratore di numerose societa’ fittiziamente intestate al primo. Si e’ infatti accertato come da un lato l’esistenza di numerosi procedimenti penali a carico di I. Luciano abbia evidentemente determinato lo stesso a schermare la propria partecipazione in un elevato numero di societa’ tramite alcuni uomini di fiducia (D. G. si e’ rivelato essere il piu’ vicino all’imprenditore), e dall’altro come tali operazioni di intestazione fittizia delle quote sociali sia stata preordinata altresi’ alla realizzazione del riciclaggio di proventi di attivita’ delittuose. Le modalita’ di acquisizione di alcuni compendi aziendali, grazie la complicita’ tra gli altri di Pio T., hanno consentito poi di accertare fatti di bancarotta fraudolenta realizzati al fine di subentrare nella gestione di aziende in dissesto in prossimita’ della declaratoria di fallimento, in tal modo sottraendo ai creditori delle imprese decotte i principali assets al di fuori della procedura concorsuale: e’ il caso delle societa’ riconducibili ad un gruppo, di proprieta’ di Franco P..
Nella medesima direzione, veniva registrata una serie di operazioni di riciclaggio di fondi di provenienza delittuosa riconducibili ad alcuni soggetti campani, tali F. Gennaro e Antonio, che, tramite simulate operazioni di compravendita immobiliare, e aumenti di capitale sociale in societa’ partecipate, reimpiegavano centinaia di migliaia di euro nelle imprese riconducibili a I. Luciano. In tale contesto, emergeva la figura di Pasquale P., soggetto condannato tra l’altro per il reato di cui al 416 bis poiche’ contiguo a clan camorristici, che ha avuto un ruolo attivo nel mettere in contatto i fratelli F. con I. per consentire l’operazione di riciclaggio attraverso la ricapitalizzazione della societa’ ITALY glass con denaro illecito. Secondo quanto argomentato dal Gip, Pasquale P. avrebbe inoltre dimostrato disinvoltura nell’intervenire presso un funzionario dell’Agenzia delle entrate di Roma rimasto non identificato, per consentire proprio a I. di risolvere un contenzioso dietro il pagamento di una tangente di 25.000. Il proseguo delle indagini disvelava al contempo la commissione di altri reati contro la Pubblica amministrazione: I. Luciano, A. Natan e D. G. Luigi turbavano la gara nei pubblici incanti, in relazione alla procedura esecutiva di beni di proprieta’ di una societa’ riconducibile ad un prestanome del solito I..
Piu’ singolare e significativo l’episodio nel quale il gruppo I. – F. veniva coinvolto nell’apparente corruzione di un funzionario della Regione Lazio, grazie al rapporto di Natan A. con alcuni imprenditori e funzionari pubblici, finalizzata all’illecita aggiudicazione di una procedura aperta bandita per la fornitura di cassonetti destinati alla raccolta dei rifiuti. Tale episodio, alla luce di quanto ricostruito, si rivelera’ una truffa ordita da ignoti che nell’occorso riuscivano a spillare a I. la somma di 600.000 euro in contanti; nei giorni successivi I. si metteva alla spasmodica ricerca delle persone responsabili del raggiro da lui subito, unitamente a Natan A., Pio T. ed altri soggetti, i quali rintracciavano due presunti complici che venivano minacciati con armi da fuoco, grazie anche la complicita’ del figlio di I., all’interno di un capannone della Akros Holding, societa’ londinese a quest’ultimo riconducile. Le ricerche finalizzate a disvelare gli autori della frode proseguivano parallelamente attraverso l’acquisizione di informazioni dal Maresciallo C. L. Michele (carabiniere all’epoca in servizio presso il nucleo operativo della compagnia CC di Terracina), che effettuava abusivi accertamenti presso la banca dati Sdi in uso alle forze di Polizia.
In tale contesto, emergeva anche la figura del colonnello dei Carabinieri S. Alessandro, il quale si faceva promettere utilita’ dallo stesso I. per compiere atti contrari ai doveri d’ufficio consistenti nella rivelazione di notizie ed informazioni tecniche sulle modalita’ di attivazione e disturbo della registrazione delle intercettazioni ambientali da parte della Polizia giudiziaria, partecipando ad incontri con lo stesso C. L. finalizzati ad assumere informazioni su procedimenti penali in corso. Un profilo particolarmente caratterizzante la personalita’ criminale di I.Luciano si e’ rivelato, inoltre, quello relativo alla sua capacita’ di relazionarsi con appartenenti al mondo della criminalita’ organizzata; il profilo da ultimo menzionato emergeva in particolare grazie al contributo offerto da due collaboratori di giustizia appartenenti al clan Di Silvio, ovvero P. Renato e R. Agostino, che consentivano di accertare la consumazione di un’estorsione aggravata dal metodo mafioso in danno di un imprenditore locale, delitto consumato proprio su mandato di I. Luciano e mai denunciato. Nella circostanza i collaboratori riscuotevano per il loro interessamento la somma di 2.650 euro, che incassavano da I. per il tramite di Franco C., titolare di un’attivita’ commerciale sita a Latina, il quale nell’occasione emetteva una falsa fattura.