Non lo sentite questo odore di morte nell’aria? Latina – i latinensi – stanno chiedendo aiuto. Se solo ascoltassimo, anziché limitarci a sentire, forse potremmo risolvere parecchi problemi.
Il mistero di Latina è quello di un’anima violenta che urla tutto il suo dolore e conduce alla morte. Cosa sta succedendo alla nostra amata e odiata città? Semplice, sta morendo. Sì, Latina sta morendo. E no, non si tratta dell’ennesima polemica contro il sindaco in relazione al decoro pubblico. Latina sta morendo, perché i suoi cittadini stanno morendo, perché le anime che la compongono si stanno togliendo la vita.
È impetuosa la frequenza con la quale sempre più persone stanno ricorrendo all’insano gesto, alla “soluzione” finale a tutti i problemi della vita: uccidersi. Uscire di scena.
Lo stoicismo vedeva nel suicidio un atto di straordinaria libertà personale: nessuno può decidere su di me, sono talmente libero ed autodeterminante che le decisioni più importanti le decido io. Voglio morire? Mi uccido, nulla di più semplice. Proprio come fece Seneca, il quale ha scelto la morte piuttosto che la subordinazione al potere di Nerone.
Ma siamo nel 2019, l’umanità ha potenzialità infinte e tutti possono avere una chance di affermarsi. Di poter contare qualcosa. La felicità dovrebbe essere una via percorribile da tutti.
Lo scorso 20 maggio una donna si è lanciata dal suo appartamento in via Fratelli Bandiera; due giorni dopo la morte di un uomo gettatosi da una stanza dell’edificio BNL; sempre nel mese mariano – Maria prenditi cura di loro – un extracomunitario è stato trovato senza vita nel laghetto di parco San Marco, trattasi di suicidio; il 3 luglio il corpo di una 53enne latinense è stato rinvenuto, senza vita, a San Felice Circeo; 23 luglio: uomo si lancia dall’ottavo piano di un condominio sito sopra il Supercinema; 5 settembre: donna muore schiantata sulla tromba delle scale dell’edificio dove abitava.
Sono andato a memoria, non ho raccolto scientificamente tutti i casi di omicidio avvenuti nella provincia. L’esigenza di scrivere questo pezzo, che vuole essere più un invito ad aizzare le orecchie piuttosto che un pezzo giornalistico, era troppo grande per attendere la raccolta di un dossier.
Evidentemente non serve un regime neroniano per decidere di togliere il disturbo e passare a miglior vita. Basta molto meno, e lo stiamo vedendo con i nostri occhi. Latina sta morendo e noi come concittadini abbiamo il dovere di tenerla in vita: da dove deriva tutto questo malcontento? Quali sono le cause di un malessere così cristallizzato?
Qualcosa, nel cuore della città, non sta funzionando. Il discorso è sicuramente ben più complesso, probabilmente legato più alla situazionalità storica che al territorio, ma noi siamo qui ed è bene parlare di quello a cui stiamo assistendo così provare ad intervenire.
C’è un’aria strana, a Latina, è quella di un ambiente perbenista e finto altolocato. Dove non si vedono mai eventi di aggregazione, nulla che possa rinsaldare lo spirito cittadino o il senso di appartenenza. Siamo barche solitarie, ognuna in navigazione verso un porto sicuro nel quale attraccare e vivacchiare in modo che i giorni possano passare lisci.
Ho parlato di decoro urbano, poc’anzi, e confermo che non c’entra nulla. Ma sicuramente è uno specchio dello stato dei latinensi nel 2019. Crepe per strada, crepe nel cuore. Ci stiamo allineando alla bruttezza, come in un logico adattamento dell’uomo al suo spazio.
C’è un’aria strana, a Latina, è quella di una città dove si sorride sempre, ma si sorride per finzione, per necessità, per non mostrare la vera diabolica natura. Una natura pregna di odio e di indifferenza, dove tutti si conoscono – almeno di vista – ma nessuno chiede: “Tutto bene, hai bisogno di una mano?”.
Non sono un profeta, non sono un mandate di Dio e sono il primo dei peccatori in un mondo in declino. Ergo, non ho le competenze né i mezzi per conseguire a quello che davvero servirebbe: un risveglio delle coscienze, generalizzato e che affondi saldamente nelle nostre meravigliose radici culturali. Ecco perché ora – non potendo arrivare alle menti delle persone – mi rivolgo alle istituzioni locali e Nazionali, alle quali chiedo uno sforzo in più: qualcosa in più per non lasciare indietro chi non sa camminare da solo; qualcosa in più per aggregare i giovani sempre più lasciati a se stessi nelle panchine dei parchi e nei parcheggi isolati a commettere schifezze; uno sforzo in più per la creazione di centri di ascolto per chi sta male; uno sforzo in più a mostrarsi vicino ai suoi cittadini; uno sforzo in più per divulgare l’arte, lo sport, la conoscenza, l’educazione, la letteratura… La bellezza. Perché ce n’è tanta di bellezza, a Latina e nel mondo, e tutti la meritano. Anche chi non riesce a scrutarla con le sue soli forze.
Insomma, uno sforzo in più per smettere di essere una città ed iniziare ad essere una comunità.
Siamo tutti uniti nell’essere divisi, e questo non va bene. Ritroviamo l’empatia e lo spirito di collaborazione prima che sia troppo tardi, prima che altro sangue macchi le trasandate strade della nostra città.
Non lo sentite questo odore di morte nell’aria? Io sì, e mi mette i brividi. Chi sta male non abbia paura ad urlarlo a gran voce, e chi ascolta queste grida non abbia paura a porgere una mano. Se non ci sono i mezzi istituzionali per farlo, proviamoci almeno da soli nel nostro piccolo.
Giovanni Manco