Era andata in ospedale a giugno del 2001 per una interruzione di gravidanza. I problemi economici e di salute, il matrimonio fallito alle spalle , non le consentivano di mantenere un bambino e cosi’ una donna di Latina decise in quel periodo di abortire e di farlo all’ospedale Fiorini di Terracina. L’intervento, parola dei medici, era stato regolarmente eseguito. La donna, che all’epoca aveva 35 anni, si accorse pero’ dopo qualche settimana di essere ancora incinta. Da li – racconta oggi l’edizione di Latina del quotidiano La Provincia – una causa civile contro la Asl che si e’ protratta per dieci anni per quella che in gergo viene chiamata “wrongful birth”, ovvero “nascita indesiderata” ed ha ottenuto in sede civile il risarcimento di 200mila euro. La donna si accorse di quanto accaduto troppo tardi e fu costretta a portare avanti la gravidanza: cosi’ si rivolse al suo avvocato, Simona Verdesca Zain attraverso la quale ha ottenuto una condanna, emessa dal giudice civile Rosaria Giordano, a carico della Asl e del ginecologo che esegui’ l’intervento. Una sentenza, quella emessa dal giudice, davanti alla quale la Asl non ha proposto appello. Nel corso del dibattimento l’avvocato della donna ha specificato che questa non era stata sottoposta ad una ecografia per verificare il buon andamento dell’intervento. Il danno riconosciuto e’ legato al piano biologico, morale, alla vita di relazione, esistenziale, di perdita da chance lavorativa e patrimoniale. Una tesi completamente accolta dal giudice per la quale e’ stato leso il diritto della donna alla propria autodeterminazione anche per “l’obbligo” di mantenere un figlio dal punto di vista economico.
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