Si è svolto domenica al Mat, Sezze, l’incontro con Mamadou Dioume.
Durante l’evento c’è stata la presentazione dello stage intensivo che si terrà fino al 21 Novembre nello spazio Mat di Via San Carlo,Sezze, un’occasione unica per incontrare uno dei grandi maestri del teatro internazionale.
Il Festival SEMI ha compiuto un percorso nel teatro del ‘900 che non poteva che terminare con l’incontro con uno dei suoi massimi rappresentanti.
La carriera di Mamadou Dioume è inevitabilmente legata alla collaborazione con Peter Brook e a quello che ancora oggi è considerato il capolavoro del maestro, lo spettacolo del 1985, Mahabharata.
Domenica a calcare lo spazio Mat, c’era un attore, un uomo carismatico e intenso che per due ore ha incantato il pubblico.
Alle 17.30 è iniziato un viaggio in cui Mamadou Dioume, accompagnato da Massimo Giudici, ha raccontato di sé e del suo mestiere di attore.
L’attore che ormai è banalizzato dai talent show che lui stesso ha definito: fabbrica degli attori, è invece un mestiere che non s’impara, ma si vive quotidianamente anche analizzando se stessi.
L’incontro con Peter Brook, avvenuto nel 1984, è stata la chiave di svolta della sua carriera iniziata già nel 1969.
Brook nell’intento di scardinare i “meccanismi “ regnanti da secoli sui palcoscenici europei fonda nel 1979 il Centre International de Recherche Theatrale, riunendo intorno a sé in un vecchio teatro di varietà abbandonato, attori, mimi, danzatori, acrobati.
L’obiettivo era di raggiungere un’unità di gruppo che andasse oltre le differenze nazionali e di esplorare soluzioni linguistiche e materiali storico-mitologici appartenenti a culture estranee all’Occidente.
L’elaborazione di un metodo è quanto di più lontano dalla mentalità del regista che vede nell’esperienza della molteplicità la ricerca di nuove strade da intraprendere.
Si giunge così al 1985 al Mahabharata, che vede tra i protagonisti lo stesso Mamadou Doiuome.
Il monumentale poema epico sanscrito, raccontato da un ragazzo agli spettatori da attori di differente nazionalità che, in un luogo scenico quasi totalmente vuoto, mescolavano accenti e tradizioni teatrali differenti in un discorso su temi fondamentali come la scoperta di sé, i rapporti dell’uomo con la società e le forze che ne determinano il comportamento.
La scoperta di sé, queste sono le parole chiave dell’incontro.
L’attore nudo sul palcoscenico (Artaud), allontana le sue difese e si abbandona al gioco del teatro.
Un canale attraverso il quale dimenticarsi di se stessi, lavorare nell’urgenza di un’azione che è lì sulle tavole del palcoscenico e che si presta a manifestare la vita piuttosto che a raccontarla.
Dimenticarsi di tutto ciò che per anni ci è stato insegnato e che il personaggio non è stato scritto per una sola persona e che nemmeno lo stesso testo può dirsi compiuto o finito nelle parole dell’autore.
Nelle parole di Dioume, scaturisce un’immensa cultura fatta di esperienze, incontri, viaggi e collaborazioni importanti.
La riflessione va allora sui ragazzi che tentano la via del teatro e che affidandosi a mano inesperte si formano nella convinzione di aver appreso un “metodo”.
“Le bestie di scena” così Dioume ha definito gli attori di oggi, meccanismi o automi, ottimi allievi ma non ancora pronti a calcare il palcoscenico.
Il teatro, ricorda, è di tutti e specialmente dei giovani.
Il seminario che Mamadou Dioume terrà sino al 21 novembre spera sia la possibilità di avvicinare il maggior numero di giovani, di coinvolgere i ragazzi di Sezze e della nostra provincia.
Un’attività che da decenni si basa su spettacoli che hanno fatto la storia del teatro e che si concreta in delle serie di laboratori svolti con i giovani di tutta Europa che l’ha portato anche a lavorare con i disabili.
Da loro ha imparato la verità, nessuna formula ma la semplicità assoluta, no agli attori personaggi ma “cantastorie”.
Julia Borretti, cofondatrice insieme a Titta Ceccano del Mat, ha affermato che già nel titolo dato al Festival “SEMI”, esiste l’intenzione di spargere nel territorio, di piantare una presenza che magari darà i suoi frutti fra qualche anno.
L’incontro è continuato con la domanda di Mamadou Dioume: a cosa serve il teatro?
Una domanda che non ha trovato una risposta al momento ma che è arrivata dopo una lunga riflessione.
Il teatro allora è un mestiere da apprendere nel miglior modo possibile dai veri maestri?
Consiste nell’atteggiamento di umiltà con il quale il pubblico entra in sala e ha l’obbligo di capire ciò che è rappresentato?
Non solo, è la possibilità data agli attori e al pubblico di conoscere veramente se stessi, di abbandonare preconcetti e dedicarsi a una comprensione perfetta che non è quella intellettuale, ma è scavare dentro se stessi alla ricerca dell’ignoto.
Peter Brook in quella serata del marzo ’84 ha portato Mamadou Dioume verso lo “sconosciuto”, avviciniamoci anche noi e non dimentichiamo:
“Be yourself”
“Non ho mai creduto in un’unica verità, né in quella mia né in quella degli altri; sono convinto che tutte le scuole possono essere utili in un dato luogo e in una data epoca; ma ho scoperto che è possibile vivere soltanto se si ha un’ardente e assoluta identificazione con un punto di vista”.
Peter Brook
Se volete saperne di più e partecipare allo stage intensivo che si terrà fino a domenica 21 novembre, per informazioni e prenotazioni:
tel 327.1657348 – email [email protected].
Recensione a cura di Reader’s Bench www.readersbench.blogspot.com