Si è spento ieri sera, all’età di 95 anni, Nelson Mandela. Ne ha dato l’annuncio, in un discorso televisivo, il presidente sudafricano Zuma.
Su “Madiba” esiste una vasta agiografia che ne ha fatto un’icona del pacifismo mondiale, della tolleranza e dell’uguaglianza. Tutta la letteratura apologetica tace però alcuni aspetti controversi della vita di Mandela.
Il Sud Africa post-apartheid, ad esempio, è tutto fuorché un paese tollerante. Dal 1994 il paese è ininterrottamente governato da una coalizione composta da Anc (African National Congress), Cosatu (Sindacati Neri) e Sakp (Partito Comunista Africano). Gli Afrikaners, i bianchi di etnia boera e lingua Afrikaans, subiscono una vera e propria ghettizzazione che secondo alcuni sfocerebbe in un vero e proprio genocidio.
Secondo il rapporto di Crime Busters South Africa, ad oggi, sono stati massacrati 1.368 agricoltori bianchi, senza che il governo abbia mai mosso un dito per arginare il fenomeno di assalto delle farm, le grandi fattorie. Per la Nedbank, questi massacri hanno scopi esclusivamente discriminatori, visto che nell’85% dei casi non viene rubato nulla. Secondo il professore P.W. Moller, autore del libro “The Mandela legend”, “dal 1994 non solo il degrado è aumentato a tutti i livelli, ma 30.000 bianchi sono stati ammazzati, spesso nei modi più orribili. La politica di ‘azione affermativa’ è la discriminazione razziale più inumana contro i bianchi. Il fatto che così tanti […] bianchi, prevalentemente boeri, abbiano perso il loro lavoro, e non possano per legge trovare un nuovo impiego, ha causato sofferenze indicibili, mentre il numero di milionari neri aumenta annualmente. E’ stato stimato che il 10% […] dei bianchi di lingua afrikaans si sono ridotti a vivere in baracche abusive, con tutti i problemi che ciò comporta. La stragrande maggioranza di loro sono boeri”.
Discorso a parte va fatto per gli stupri, una vera e propria emergenza nazionale. Oggi, in Sudafrica, i bambini non giocano a nascondino ma a “stuprami, stuprami”, fingendosi autori o vittime di abusi sessuali. Secondo un rapporto della Commissione per i diritti umani sudafricana, circa 50.000 stupri vengono denunciati ogni anno nel Paese, che ha uno dei più alti tassi di criminalità al mondo. Secondo gli attivisti, dal momento che moltissime ragazze non denunciano gli abusi subiti, è possibile che le vittime siano un milione ogni anno.
In Sudafrica, se sei donna, oggi hai più probabilità di essere violentata che di imparare a leggere. Il 30% delle adolescenti è iniziato al sesso attraverso uno stupro: si stima che ne avvenga uno ogni 26 secondi, ma i casi taciuti sarebbero dieci volte tanti. Anche in questo caso, il fenomeno assume inquietanti dimensioni razzistiche: si calcola che dalla fine dell’apartheid siano oltre 70.000 le donne bianche stuprate, talvolta solo allo scopo di trasmettere loro il virus dell’Aids, endemico tra i neri sudafricani.
Anche questo è il Sudafrica di Rolihlahla Dalibungu (“Nelson” fu aggiunto in seguito) Mandela. Nato il 18 luglio 1918 a Mvezo, Madiba ha studiato nelle scuole buone di matrice britannica del Sud Africa. Nel 1943 entra a far parte dell’Anc, di cui, grazie alla sua carismatica personalità, diverrà capo. A partire dal 1960, l’organizzazione verrà dichiarata illegale e così Mandela, fonderà Mk, ala militare dell’Anc, con il proposito di realizzare una rivoluzione comunista tramite la lotta armata.
“Io e alcuni miei colleghi siamo giunti alla conclusione che la violenza in questo paese è inevitabile, per cui sarebbe sbagliato e non realistico per leader africani continuare a predicare pace e non-violenza nel momento in cui il governo contrasta le nostre richieste pacifiche con la forza”, dichiara Mandela, citato dal professore P.W. Moller. Mandela inizia così una serie di viaggi in Europa alla ricerca di finanziatori e fornitori di armi. Al suo ritorno in patria, viene arrestato con l’accusa di essere un sabotatore e un violento. Fino agli anni ’90, Mandela fu abitualmente considerato un terrorista da paesi come Stati Uniti e Regno Unito.
Nel 1964, in seguito a un processo, Mandela ed altri membri dell’Anc, vennero condannati dal giudice De Wet. Secondo Amnesty International Mandela non poteva proclamarsi prigioniero politico, dal momento che era stato trovato colpevole di sabotaggi e violenze. Importante sottolineare che tra i condannati, vi erano trenta “bianchi”. Rifiutando un’offerta di libertà condizionata in cambio di una rinuncia alla lotta armata (febbraio 1985), Mandela rimase in prigione fino al febbraio del 1990, quando fu liberato.
Subito dopo ottenne il premio Nobel per la pace, che oggi fa bella mostra nella bacheca di casa Mandela accanto al Premio Lenin per la pace ottenuto nel 1962 e al Premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 1988. Non ha ottenuto premi, invece, per la sua azione di contrasto all’Aids, che è anzi universalmente considerata inefficace, incongrua, deficitaria (lui stesso confessò di aver sottovalutato il problema) con esiti a dir poco disastrosi.
Pochi anni dopo, si impose perché a Peter Mokaba, autore del motto “Uccidi il boero, uccidi l’agricoltore”, fosse dato un ministero. Ancora nel marzo 2010, in un incontro dei campus universitari, il presidente dell’African National Congress Youth League, Julius Malema, intonò la canzone “Shoot the boer”- Malema è stato denunciato da Solidarity e da Afriforum alla Corte suprema di South Gauteng. Nel settembre 2011 il giudice Lamont ha decretato la canzone come incostituzionale e illegale poiché incita al crimine, ma L’Anc ha annunciato che farà ricorso.
Oggi l’economia del Sudafrica è di fatto in mano alla Cina che, tra l’altro, esercita forti pressioni di natura politica. Celebre il rifiuto del Sud Africa di ospitare il Dalai Lama in una conferenza che doveva precedere l’inizio del Mondiale di calcio. Inoltre, il Sud Africa è diventato uno dei paesi più pericolosi del mondo. Sempre secondo Moller, “omicidi e caos non si sono più arrestati, e le ultime statistiche mostrano che 56 persone al giorno vengono ammazzate nel ‘nuovo’ Impero del Sudafrica, per non parlare di stupri, rapine a mano armata, dirottamenti di automezzi e violazioni di domicilio. Due milioni di crimini vengono commessi annualmente e di questi meno della metà vengono risolti, perché molti poliziotti sono incompetenti e corrotti. […] Che la criminalità sia molto diffusa, venne riconosciuto già nel 2001 dall’allora Commissario della polizia imperiale, Jackie Selebi”.
fonte www.ilprimatonazionale.it