La commissione Rondorf ha approvato il disegno di legge sul concordato preventivo, ossia lo strumento di soluzione della crisi d’impresa che si realizza attraverso un accordo negoziale tra i creditori e l’impresa debitrice.
Il concordato preventivo è finalizzato al risanamento aziendale e alla chiusura del debito. Il disegno di legge prevede che le domande di concordato preventivo a carattere liquidatorio siano ammesse qualora prevedano l’apporto di risorse esterne in grado di aumentare la soddisfazione dei creditori.
Spicca quindi la novità legata alla limitazione del ricorso a questo istituto ai casi in cui sia prevista la continuazione dell’attività d’impresa: si evince la necessità della presenza di due presupposti, ossia la provenienza di risorse esterne rispetto al valore dell’attivo realizzabile dell’impresa soggetta al concordato e l’apporto di un concreto aumento soddisfacente per le ragioni dei creditori, soddisfazione che deve derivare dalle risorse esterne sopracitate.
Queste novità costituiscono un passo in avanti rispetto a quanto previsto dal Dl 83/2015, poiché rendono necessario un chiaro e prolifico confronto tra l’impresa fallimentare e la proposta concordataria. A parte i casi sopracitati, in cui vi sono risorse esterne in grado di apportare contributi significativi, stando alla legge delega le procedure di concordato preventivo saranno limitate a quelle in continuità, quindi a quelle in continuazione dell’attività d’impresa da parte del debitore. Un’altra novità introdotta dalla Commissione Rondorf è legata al tema della esdebitazione: si tratta della procedura prevista dalla legge fallimentare che dà all’imprenditore fallito l’opportunità di liberarsi dai debiti ancora in essere in seguito alla chiusura del fallimento, ciò nei confronti dei creditori che non siano rimasti soddisfatti e risarciti dalla procedura
fallimentare conclusasi: grazie a suddetta novità le posizioni debitorie residue potranno considerarsi chiuse. Tale beneficio è usufruibile nel caso in cui sussistano i requisiti oggettivi della chiusura del fallimento in seguito alla ripartizione dell’attivo risultante dal fallimento stesso e della soddisfazione anche soltanto parziale dei creditori concorsuali.
Non solo, per beneficiare di questa opzione devono esservi i requisiti soggettivi, ossia il mantenimento di un atteggiamento rispettoso nei confronti della procedura fallimentare ed aver rispettato i principi di trasparenza e correttezza.
Qualora questi duplici requisiti sussistano, allora il tribunale potrà, con l’emanazione del decreto di chiusura del fallimento o su ricorso del debitore, concedere l’esdebitazione, estinguendo i debiti non completamente soddisfatti dichiarandoli inesigibili. La riforma garantisce anche l’estensione alla possibilità di usufruire di questi benefici anche alle società.
L’esdebitazione, secondo la riforma in questione, è anche assoggettata a nuovi termini: essa va formulata non oltre l’anno successivo alla chiusura della procedura di liquidazione, con l’intento di rendere possibile il deposito dell’istanza immediatamente dopo la chiusura della procedura oppure dopo tre anni dalla sua apertura.