“In fin dei conti era solo un dittatore”. Questa è la considerazione di Hugo Chavez più diffusa dai media del vecchio continente, un po’ sottomessi dalla pressione dei cuginetti occidentali statunitensi. Mentre il mondo dell’informazione dà (giustamente???) notevole rilevanza al Conclave, a Grillo e alla gastroenterite della Regina d’Inghilterra , in Venezuela è morto colui che, piaccia o meno, ha lasciato un’impronta gigantesca nella storia del Sud America e del mondo intero. Le politiche economiche di Chavez hanno fatto arrabbiare i plutocrati e fatto rizzare i capelli a liberisti e maestrini delle privatizzazioni.
Gli oramai (politicamente) moribondi marxisti italiani, e probabilmente di tutta Europa, litigano tra di loro per appropriarsi o prendere le distanze dalla figura del presidente del consiglio venezuelano. Da una parte c’è chi cerca di farne un simbolo di un qualcosa che ormai è morto e sepolto (il loro ideale), dall’altra c’è chi dice che Chavez fu un patriota, un fervente cristiano, un personaggio che ha preso più volte le distanze dal marxismo-leninismo. Effettivamente, osservando le scelte, le idee e le politiche del presidente di umili origini, egli non sembrerebbe rappresentare il “sogno comunista”. Il socialismo chavista è riuscito a esprimere la famosa terza via tra il marxismo e il capitalismo, in chiave odierna. Potremmo definire quello dell’ex militare un vero e proprio peronismo del terzo millennio; ideale molto caro alla generazione ribelle della destra radicale degli anni ’70.
Il cammino del chavismo ha saputo rendere viva una fiamma di speranza per il Sud America, vessato da povertà, corruzione e criminalità organizzata. Dopo il suo arresto nel 1992, a causa del golpe contro Perez di cui fu protagonista, scontò due anni di carcere, una volta uscito grazie ad un’amnistia la sua popolarità era già alle stelle. Così nel 1997, solamente in seguito all’ottenimento del sostegno di Fidel Castro, decise di entrare in politica, fondando il Movimento Quinta Repubblica (MVR), nel quale confluirono tutte le realtà della sinistra venezuelana. Nel ’98 Perez fu finalmente sconfitto, stavolta con metodo democratico. Dopo la storica prima elezione ne seguirono altre tre, tra le quali nella seconda si verificò un vero e proprio tripudio.
Il fiore all’occhiello della politica Chavista fu, senza ombra di dubbio, la nazionalizzazione dei pozzi petroliferi venezuelani, che aumentò a dismisura la sua popolarità e il suo mito. Non possiamo dimenticare, anche la riforma della costituzione e l’impegno per la sanità e l’istruzione pubblica, veri e propri cavalli di battaglia della propaganda del governo venezuelano.
Andando avanti con gli anni la posizione del premier si avvicinò sempre più intensamente al castrismo, attraverso la lotta all’imperialismo americano e la forte critica alle politiche di Israele. Questo, insieme alla stretta amicizia con il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad , ha determinato una reazione decisa da parte del governo statunitense, che ha effettuato negli ultimi anni, una vera e propria campagna di demonizzazione del presidente venezuelano. Non a caso, oggi, i più fedeli sostenitori di Chavez denunciano l’omicidio del presidente, provocato dalla mano dei servizi segreti americani.
Sterile complottismo anti-USA o verità? Non lo sappiamo, forse non lo sapremo mai, ma in fin dei conti sappiamo com’è morto il presidente Arafat…
Mauro Pecchia