Durante gli anni ’90 vivevamo in Italia il calcio da protagonisti assoluti, a livello europeo e mondiale. Quasi non sembrava possibile giungere al mese di maggio facendo da spettatori disinteressati ad una finale europea, che si trattasse di Champions o Coppa Uefa.
Vi era sempre almeno una squadra italiana capace di spingersi così in alto e il bello e che non erano le solite milanesi o la sempre presente Juventus, tutte partecipavano alla festa. Dal Parma alla Lazio, persino il Torino e l’Atalanta fino a un miracolo chiamato Vicenza. L’Italia era l’ombelico di un mondo che aveva il pallone a forma di stivale, con i nostri colori e i sogni dei migliori talenti al mondo che vedevano nella Serie A il paradiso del calcio.
Una bella favola che ha forse trovato il lieto fine nel 2006 con la vittoria dei Mondiali figlia di una generazione che già era giunta ad un’alta età media, con il canto del cigno nel 2010 firmato Inter, il cui triplete poche tracce italiane però portava. Da quel momento, il nulla cosmico, basti pensare al mercato di gennaio: dal 2011 ad oggi gli acquisti più costosi portano i nomi di Doumbia e Ranocchia, per dire. E quest’ultimo mercato invernale è stato desolante, Lirola sarebbe dovuto essere dal Sassuolo alla Juventus il trasferimento più costoso, poi è saltato.
Nel frattempo 4 dei 5 colpi più costosi dell’intero calciomercato portano la firma di club della Premier League, da Sanchez ad Aubameyang, a ribadire lo strapotere economico sul resto del mondo. Le casse italiane hanno finito per sperperare, senza lungimirare e finendo in rovina. Dal Parma al Pisa, fino all’ultimo triste caso del Latina. I quattro punti di penalizzazione lo scorso anno, la retrocessione in Serie C con tre giornate di anticipo, poi la mancata iscrizione al campionato fino alla caduta nei Dilettanti. E pensare che tre anni prima i laziali riuscivano a sfiorare il sogno della Serie A, con la finale persa nei playoff e le quattro partecipazioni consecutive alla cadetteria.
Il calcio italiano cerca nuova benzina per ripartire, anche in virtù della campagna fallimentare di qualificazione ai Mondiali in Russia. Il punto più basso nella storia del calcio italiano è stato toccato, si può e si deve solo migliorare per rendere nuovamente l’Italia meta di arrivo, non più di partenza o mero transito per i talenti di domani.