– NOTIZIE CRONACA -TORINO – I rimborsi chilometrici e i gettoni di presenza sono il fumo. La polpa dell’indagine sulle spese della Regione Piemonte è altrove, nei contributi dirottati nelle casse dei partiti rappresentati in consiglio e che sono sottratti a qualsiasi controllo. Sono tanti soldi, 7 milioni e mezzo l’anno nella Regione guidata dal leghista Cota. Teoricamente servono per pagare impiegati e spese varie dei gruppi politici, ma il loro reale utilizzo è in pratica sconosciuto. La Procura di Torino ora ha deciso di indagarci su e forse fra qualche tempo se ne saprà di più.
Sono giorni difficili per parecchi consiglieri regionali del Piemonte. La perquisizione della Guardia di Finanza ha in qualche modo tolto la sordina al fatto che «i sessanta eletti sabaudi» possono incassare, oltre al robusto stipendio mensile, altre migliaia di euro con una semplice dichiarazione di questo tipo: io sono andato nel tal posto per ragioni istituzionali e quindi mi dovete dare un gettone per l’impegno (122 euro al colpo) e il rimborso per la benzina (mezzo euro a chilometro). Qualcuno non chiede niente, qualcuno chiede poco, qualcun’altro chiede anche tre mila euro ogni trenta giorni facendo poi risultare visite ufficiali alla Sagra della Rana o la partecipazione a spettacoli teatrali itineranti.
Le «missioni istituzionali» costano alla Regione più di 300 mila euro l’anno, e visto che non è una somma da poco i magistrati voglio capire se quei viaggi autocertificati sono veri o falsi. Ma non sembrano intenzionati a fermarsi a questo visto che ci sono contributi molto più sostanziosi su cui finora nessuno ha mai provato a vederci chiaro. Sono, appunto, i 7 milioni e mezzo che finiscono direttamente ai partiti. I quali ora promettono: «Ridurremo in modo drastico quella cifra». Ma forse è troppo tardi per cancellare l’esistenza di eventuali magagne.
Il finanziamento ai gruppi consiliari è proporzionale al numero degli eletti. Per esempio, il Pdl che ha diciassette consiglieri – sui sessanta totali – si prende circa 2 milioni. Il Pd che ne ha tredici incassa 1 milione e 400 mila. Giù giù fino ai partiti più piccoli, e perfino a quelli infimi formati da un solo consigliere. Che sono otto e a cui vengono girati 260 mila euro l’anno ciascuno. Traduzione: un consigliere che da solo forma un gruppo prende lo stipendio, più un rimborso fisso di 1500 euro, più altri 1000 euro di gettoni di presenza forfettizzati, poi i rimborsi per le missioni istituzionali e soprattutto i 250 mila euro l’anno per il partito. Che sono a sua esclusiva disposizione.
La Guardia di Finanza, che ieri è tornata nel parlamentino piemontese di Palazzo Lascaris dopo la visita di venerdì, ha portato via tutta la documentazione dei «contributi ai gruppi consiliari», compresi i rendiconti mensili delle spese sostenute con le carte di credito che ciascun capogruppo ha in dotazione. La convinzione diffusa è che proprio dall’utilizzo delle carte potrebbero arrivare le sorprese.
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