C’è un gigante sommerso che fa paura nel mar Tirreno. Si tratta del Marsili, che con i suoi 70 km di lunghezza e i 30 di larghezza, è il vulcano più grande d’Europa e del Mediterraneo.
Nonostante gli oltre tremila metri di altezza dal fondo marino, la vetta resta ben 500 m sotto la superficie.
ATTIVO E PERICOLOSO. “Il vulcano è ancora attivo”. A stabilirlo, con un lavoro pubblicato su ‘Gondwana Research’, un gruppo di ricerca internazionale che comprende l’Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Iamc-Cnr) e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Roma (Ingv). Una campagna di esplorazione, cominciata nel 2006 a bordo della nave oceanografica ‘Universitatis’, ha fatto un punto di chiarezza scientifica sulla natura di questo vulcano sottomarino, della cui potenziale pericolosita’ si discute molto poiche’ e’ nota da tempo la sua attivita’ sismica e idrotermale. TEORIE SMENTITE. “L’ipotesi piu’ accreditata dagli studiosi era quella che considerava cessata, all’incirca 100.000 anni fa, l’attivita’ eruttiva del vulcano – dice Mattia Vallefuoco, dell’Iamc-Cnr – nel corso della missione, finalizzata ad acquisire nuovi dati sui prodotti emessi dal Marsili e sulla loro età, è stata prelevata ad una profondita’ di 839 metri una colonna di sedimento che ha evidenziato due livelli di ceneri vulcaniche dello spessore di 15 e 60 centimetri, la cui composizione chimica risulta coerente con quella delle lave del vulcano”. Per risalire all’eta’ degli strati di questa ‘carota’ di ceneri i ricercatori si sono serviti del carbonio 14. NATURA ESPLOSIVA. “Le due analisi eseguite sui gusci di organismi fossili contenuti nei sedimenti hanno fornito rispettivamente eta’ di 3000 e 5000 anni – afferma Guido Ventura, ricercatore Ingv – datazioni che testimoniano una natura almeno parzialmente esplosiva del Marsili in tempi storici”. RISCHIO TSUNAMI. Molti gli studi condotti in questi anni. In caso di eruzione marina molto violenta del Marsili o degli altri giganti sommersi vicini Vavilov e Magnaghi, potrebbe generarsi uno tsunami nel Tirreno. Gli stessi effetti potrebbero verificarsi con una grossa frana. La vicinanza del Marsili alle coste di Campania, Calabria e Sicilia renderebbe impossibile trasmettere un’allerta in caso di tsunami. Un’onda anomala impiegherebbe solo una trentina di minuti per raggiungere la costa più vicina. MONITORAGGIO. “A questo punto sono necessarie nuove ricerche per implementare un sistema di monitoraggio che possa valutare l’effettiva pericolosità connessa a una possibile eruzione sottomarina. Non è da escludere – avverte Guido Ventura – che il Marsili venga inserito nella lista dei vulcani italiani attivi come Vesuvio, Campi Flegrei, Stromboli, Etna, Vulcano e Lipari”. Alla ricerca hanno collaborato anche l’Universita’ Gabriele d’Annunzio di Chieti, la Schlumberger Information Solutions di Madrid, la Leibniz University di Hannover e la societa’ Eurobuilding Spa di Servigliano.