La «gravità» dei reati commessi dai funzionari della polizia, come quello della violazione «dei doveri di fedeltà» delle calunnie e dei falsi, legittima il no «al riconoscimento delle attenuanti generiche» a favore degli imputati. Hanno commesso una «consapevole preordinazione di un falso quadro accusatorio ai danni degli arrestati, realizzato in un lungo arco di tempo intercorso tra la cessazione delle operazioni ed il deposito degli atti in Procura».
Le motivazioni della Cassazione. La Cassazione, nelle motivazioni del processo Diaz evidenzia, come già fatto dalla Corte d’Appello di Genova, «l’odiosità del comportamento» dei vertici di comando. «Di chi, in posizione di comando a diversi livelli come i funzionari – è scritto – una volta preso atto che l’esito della perquisizione si era risolto nell’ingiustificabile massacro dei residenti nella scuola, invece di isolare ed emarginare i violenti denunciandoli, dissociandosi così da una condotta che aveva gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero e di rimettere in libertà gli arrestati, avevano scelto di persistere negli arresti creando una serie di false circostanze». In pratica, crearono verbali menzogneri «funzionali a sostenere così gravi accuse da giustificare un arresto di massa». Ed avevano formulato le accuse «in modo logico e coerente, tanto da indurre i pubblici ministeri a chiedere, e ottenere seppure in parte, la convalida degli arresti».
I poliziotti gridavano bastardi. I poliziotti che fecero irruzione alla scuola Diaz di Genova – durante il G8 del 2001 – «si erano scagliati sui presenti, sia che dormissero, sia che stessero immobili con le mani alzate, colpendo tutti con i manganelli (detti tonfa) e con calci e pugni, sordi alle invocazioni di non violenza provenienti dalle vittime, alcune con i documenti in mano, pure insultate al grido di bastardi». Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma delle condanne ai vertici della polizia per il pestaggio alla Diaz.
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