“C’è più rischio di morire di lockdown, di chiusura, di fame che di covid-19”. Sono le parole del virologo Giorgio Palù. “Oggi abbiamo 237mila persone positive. Di queste, 1200 sono ricoverate in terapia intensiva, lo 0,54%. In ospedale sono ricoverate 12.000 persone, circa il 5%. Il 20% non è grave, ha pochi sintomi. Al di fuori delle strutture ospedaliere abbiamo il 94% di persone asintomatiche o paucisintomatiche, con un colpo di tosse, con un po’ di raffreddamento, con un po’ di mal di gola. Queste persone se ne possono stare a casa, la lezione di marzo avrebbe dovuto evitare l’affollamento degli ospedali.
“In questo modo portiamo via cure necessarie a patologie che hanno una mortalità ben più elevata”, afferma il microbiologo e professore emerito dell’Università di Padova. “Studi di sieroprevalenza ci dicono che la letalità oscilla la tra lo 0,25% e lo 0,40%, il 3,5 per mille medio: siamo 3-4 volte superiori alla letalità dell’influenza stagionale ma decine di volte inferiori a Sars e Mers, per non parlare di Ebola e aviaria. Facciamo i conti con questi dati e quando si parla di questa letalità dovrebbe imporsi obbligatoriamente un’analisi dei rischi e dei benefici”, dice ancora.
Nel quadro attuale, Palù sottolinea che “il 14 e il 24 settembre scorso hanno aperto le scuole, con 8 milioni di studenti in circolazione sui mezzi di trasporto. Tutti i virus a diffusione respiratoria hanno una recrudescenza autunnale e invernale. Inutile confrontare la situazione con quello che è accaduto a marzo, soprattutto per la quantità di campionamento”.