Il Tar del Lazio ha sospeso, almeno fino alla trattazione collegiale del ricorso, la nota con la quale il 6 aprile scorso la Direzione regionale salute della Regione Lazio, limitando il diritto di prescrizione dei farmaci dei medici di medicina generale, richiede l’accertamento di positività all’infezione per la somministrazione delle molecole di idrossiclorochina, clorochina e altre contenute nel ricorso di alcuni medici.
La decisione è contenuta in un decreto a firma del presidente della terza sezione quater del tribunale amministrativo, con fissazione il 19 maggio prossimo dell’ udienza di trattazione collegiale della richiesta cautelare.
Accolte, quindi, le tesi di alcuni medici, ricorrenti con gli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino. La decisione prevede la libertà di prescrivere, sottolineano i ricorrenti “senza necessità di attendere un tampone spesso tardivo e/o falso negativo, garantendo la tutela del diritto alla salute ed il principio d’uguaglianza tra i cittadini italiani”.
ll Plaquenil è uno dei nomi commerciali della clorochina o idrossiclorochina, un farmaco vecchissimo, in uso da quasi 70 anni contro la malaria e in tempi più recenti anche nella terapia dell’artrite reumatoide e del lupus eritematoso sistemico.
Nel 2005 alcuni ricercatori statunitensi si erano accorti che aveva in laboratorio una forte attività antivirale contro il coronavirus responsabile della SARS. Oggi questo farmaco è ritornato alla ribalta perché diversi esperti affermano che contrasta il Covid-19 fin dalla sua insorgenza. Tra questi c’è il Dott. Pietro Garavelli, Primario della Divisione di malattie infettive dell’Ospedale Universitario Maggiore della Carità di Novara. E’ stato il primo in Italia a iniziare a trattare i casi sintomatici lievi con il Plaquenil. Questo ha consentito di avere degli ottimi risultati e soprattutto questi casi trattati precocemente si sono risolti il più delle volte a domicilio. Inoltre ha contribuito a ridurre soprattutto nel periodo critico di marzo, quell’ondata di ricoveri che hanno messo a dura prova gli ospedali piemontesi. Il protocollo d’intervento basato sull’idrossiclorochina, in alcune province piemontesi ha coinvolto anche molti medici di base. Nonostante tutto, la comunità scientifica è ancora divisa sulla sperimentazione domiciliare. Abbiamo intervistato l’infettivologo alessandrino che ha fatto da battistrada a questa scelta terapeutica ottenendo anche il riconoscimento degli organi istituzionali.
Ecco cosa pensa il Dott. Pietro Garavelli sull’efficacia dell’Idrossiclorochina nel contrastare in modo definitivo il Coronavirus
“Quello che sta accadendo negli ospedali è ormai cronaca quotidiana e che la situazione sia pesante in ogni struttura è sotto gli occhi di tutti. Purtroppo, il problema ricorrente è che sono sempre troppi i pazienti contagiati dal coronavirus che arrivano in Pronto Soccorso quando il quadro clinico è ormai già grave. A Novara siamo ricorsi al Plaquenil bloccando sul nascere in diversi pazienti gli sviluppi infausti della malattia nel giro di pochi giorni. Innanzitutto, bisogna partire dal concetto che il Covid come tutte le patologie respiratorie è come una sorta di iceberg, cioè la parte sommersa, quasi il 60 -70 % dei casi comprende pazienti asintomatici che ormai è dimostrato che sono infettanti. Poi c’è la parte emersa che sono i pazienti sintomatici con forme inizialmente lievi alcune delle quali poi guariscono e altre invece peggiorano dando luogo a polmoniti, portando la letalità nel paziente stesso. Le forme lievi globalmente sono circa il 20 -30 % e di queste, una metà evolve verso la polmonite e il 2- 3 % sono mortali. Inizialmente abbiamo visto che la mortalità era alta in pazienti anziani, soprattutto diabetici o ipertesi. Poi la patologia è virata verso pazienti anche più giovani di 40-50 anni. Questi avevano tutti una caratteristica in comune, avevano sottovalutato la malattia ed erano rimasti a casa a trattarsi autonomamente con degli asintomatici in modo tale che poi quando giungevano in ospedale, i polmoni ormai erano devastati e c’era ben poco da fare. La Clorochina o Idrossiclorochina è un farmaco che può essere somministrato in pazienti con evidenti sintomi alle alte vie respiratorie per stroncare sul nascere l’infezione di coronavirus prima che possa evolversi causando danni peggiori a livello delle basse vie e cioè i polmoni. Somministrando il Plaquenil si può pertanto creare una sorta di barriera farmacologica che può ricordare quella di tipo vaccinale”.
Un italiano su tre è contagiato da Covid-19. Lo studio del gruppo di medici Meleam
I virologi parlano di 10 per cento di contagiati dal Covid-19 in Italia, una persona su dieci. Ma il numero vero dei contagiati – secondo uno studio del gruppo di medici Meleam, una s.p.a italo-americana che ha sede a Bitonto, in provincia di Bari – è uno su tre, il 33,6 per cento della popolazione della penisola.
Attenzione: contagiati, non malati. Significa che una persona su tre ha gli anticorpi del virus, pur non avendo manifestato sintomi evidenti. E, sorpresa, tra i contagiati sono i giovani ad avere la più alta percentuale. Nella fascia d’età fino a trent’anni, i contagiati sono circa il doppio che tra i più anziani.
Questa la sintesi dello studio firmato dal dottor Pasquale Mario Bacco, specializzato in medicina legale e del lavoro, capo dell’équipe di tredici medici che ha condotto lo studio su 7.038 soggetti sani in tutta Italia.
SINTESI DELLO STUDIO
1 – Premessa
I) Totale Positivi
Su 7.038 sono risultati positivi 2.365 soggetti, circa il 34% (33,6%) della popolazione.
II) Totale Incidenza IgG (Indice di infezione verificatasi nei mesi precedenti)
Su 2.365 positivi sono risultate presenti le IgG in 1.779 soggetti, circa il 75% (75,2%).
2 – Sintesi dei dati
I – la reale presenza del COVID-19 sul territorio nazionale.
Oltre il 30% della popolazione è entrata in contatto con il COVID19 sviluppando gli anticorpi;
II – l’incidenza del clima nello sviluppo e nella selezione del COVID19.
Il COVID19 come tutti i coronavirus è condizionato in maniera determinante dal clima. Quindi scomparirà in estate per poi riapparire con lo scendere delle temperature;
III – quali sono le zone d’Italia più esposte.
Essendo sensibile al clima, il COVID19 si manifesterà sempre in maniera più incisiva nelle zone più fredde d’Italia. Quindi anche ad uguale “concentrazione”, la patogenicità del virus sarà sempre maggiore al nord, rispetto al sud Italia/Europa;
IV – indicazioni concrete dello spostamento del virus sul territorio nazionale.
Il COVID19 si è spostato verso il sud già da fine 2019 ed ad inizio 2020 era già presente (risultato evidenziato dall’incidenza delle IGG tra i positivi). Concentrazioni inferiori e minore capacità aggressiva per via del clima, hanno reso la maggior parte delle infezioni, soprattutto le prime, quasi asintomatiche;
V – l’incidenza degli asintomatici;
quasi il 90% degli infetti non ha manifestato nessuno dei sintomi riconducibili al COVID19, primo tra tutti l’aumento della temperatura corporea.
VI – il vero tasso di mortalità.
la mortalità diretta da COVID19 non è superiore all’2%. Se non si considera la fascia d’età superiore a 55 anni, l’incidenza scende al di sotto dell’1%;
VII – il ruolo, nella diffusione, delle varie fasce d’età;
i veri untori sono stati i soggetti fino ai 30 anni. Quasi sempre completamente asintomatici, hanno infettato ed amplificato il resto della diffusione.
VIII – conferma del ruolo degli estrogeni sull’espressione dei recettori cellulari, nella minore incidenza nel sesso femminile;
Le donne presentano ovunque, tranne rarissimi casi, un incidenza inferiore della capacità del COVID19 di infettare. E’ quindi evidente che presentano un ostacolo più arduo per il virus proprio nella fase iniziale dell’infezione (dove sono fondamentali i recettori cellulari), più che nella manifestazione clinica;
IX – i soggetti realmente più esposti;
Le fasce di età più giovani, almeno fino ai 30 anni, presentano un’incidenza di positività agli anticorpi più che doppia rispetto alle fasce più anziane, che invece sono quelle che quasi unicamente manifestano i sintomi.
X – correlazione tra abitudine voluttuaria al fumo e infezione;
La percentuale di positivi tra i soggetti fumatori è leggermente più alta (+3%), ma non tale da poter determinare una conclusione valida; con un eccesso di zelo potremmo collegarla alla risposta immunitaria che nei fumatori generalmente è più lenta e meno efficace. Sicuramente sappiamo che il percorso clinico è fortemente influenzato dall’essere o meno fumatori per svariati motivi tra cui il più importante è una condizione infiammatoria basale che accentua i danni da malattia.
XI – correlazione tra vaccinazione influenzale e infezione;
I dati negano una maggiore esposizione al virus dei soggetti vaccinati.
XII – correlazione tra abitudini alimentari (alimentazione vegana, vegetariana ed onnivora) ed incidenza dell’infezione;
nessuna differenza di rilievo si è riscontrata tra i soggetti con diverse abitudini alimentari, tranne una leggera maggiore incidenza negli onnivori. Anche in questo caso si può ipotizzare che potrebbe avere un ruolo, con meccanismi simili al fumo, una risposta immunitaria notoriamente più lenta e meno efficace nei consumatori abituali di proteine animali.
XIII – incidenza sui soggetti affetti da beta talassemia e quindi sull’utilità del farmaco antimalarico idrossiclorochina come profilassi.
I beta talassemici sottoposti a test sono risultati, tranne 5, tutti negativi. Questo conferma che l’alterazione delle catene beta (effetto dell’idrossiclorochina) è una validissima profilassi per il covid19; molto più efficace che come terapia.