Si è appena conclusa alla presenza dell’assessore alla Sanità e l’Integrazione Sociosanitaria della Regione Lazio Alessio D’Amato l’odierna videoconferenza della task-force regionale per il COVID-19 con i direttori generali delle Asl e Aziende ospedaliere e Policlinici universitari e ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
“E’ una settimana decisiva e dobbiamo tenere alto il livello di attenzione soprattutto per alcune strutture a maggior rischio come le case di riposo. Oggi registriamo un dato in leggera crescita rispetto a quello delle ultime 24h con 188 casi di positività, ma mantenendo un trend del 12%. L’andamento di oggi è legato principalmente a tre cluster: il primo la casa di riposo Giovanni XXIII di Roma, il secondo la RSA di Nerola in provincia di Roma e il terzo l’INI Città Bianca di Veroli in provincia di Frosinone che insieme rappresentano 87 casi di positività.
Il dato davvero incoraggiante riguarda i guariti che nelle ultime 24 salgono di 40 unità arrivando a 103 totali, la crescita maggiore dall’inizio dell’emergenza. Sono usciti dalla sorveglianza domiciliare in 5.535. Ho inoltre appreso dalla direzione sanitaria dell’istituto Spallanzani che il poliziotto di Pomezia è stato trasferito dal reparto di rianimazione, dove era stato stubato, al reparto di degenza ordinaria. Un ulteriore segnale positivo sul decorso clinico del paziente” commenta l’Assessore D’Amato.
94 medici contagiati
Sono 94 nel Lazio i medici contagiati dal Covid-19. Sono 84 a Roma, 6 a Latina, 2 a Viterbo e 2 a Frosinone. A comunicarlo è Antonio Magi, presidente dell’Ordine provinciale di Roma dei medici chirurghi e odontoiatri. I dati però, afferma, sono “sottostimati e per questo è necessario fare i tamponi a tutti gli operatori sanitari. Non c’è più tempo”., tra ospedalieri, medici di famiglia e del 118. Il dato viene fornito dal sindacato Anaao Assomed Lazio. Alcuni, spiegano, sono ricoverati all’Ospedale Spallanzani, altri sono in isolamento a casa.
La mancanza di protezioni adeguate, sottolinea, “è la causa principale di contagio tra i sanitari: ogni medico infettato, nei 14 giorni precedenti, ha avuto la probabilità di infettare i pazienti, perché lui stesso non sapeva di essere infetto”. Da qui la necessità “di fare i tamponi al personale sanitario. Ne ho parlato con l’assessore regionale alla Sanità della regione Lazio, Alessio D’Amato – afferma Magi – e lui mi è sembrato favorevole a fare i tamponi su alcune categorie di operatori sanitari, come per esempio quelli che hanno avuto contatti quotidiani con pazienti risultati poi positivi al Coronavirus”.