Articolo di Alessio Trovato
È oramai un ventennio che si fa il nome di Draghi per la presidenza del Consiglio, e alla fine, gira e rigira, eccolo lì. Ma perché? Non è neppure un politico, non si è mai presentato alle elezioni, nessuno l’ha mai votato. Perché dovremmo avere proprio lui a guidare la nostra politica? In democrazia non dovrebbe essere il popolo a doversi scegliere i propri rappresentanti?
Bhè, ma la nostra è una democrazia parlamentare, è l’obiezione. Da noi si scelgono i partiti, non gli uomini, poi sono i partiti che scelgono il Governo. Bene, iniziamo allora dalla prima anomalia e quindi dalla prima vera domanda.
Chi ha fatto il nome di Draghi a Mattarella?
Appunto perché la nostra è una Repubblica parlamentare, il Presidente del Consiglio viene incaricato alla ricerca di una maggioranza sì dal Presidente della Repubblica, ma solo dopo che questi si sia consultato con i rappresentanti dei partiti politici. Perché sono i partiti i veri protagonisti nel nostro sistema. Si presume quindi che i partiti suggeriscano al Presidente dei nomi e che poi questi, nel caso trovi un minimo comune denominatore, dia l’incarico. Ma qui, quale partito ha suggerito Draghi? Dalle convocazioni non risulta. Risulta piuttosto che sia stato Mattarella ad incaricare Draghi di testa sua. Ma perché?
Possibile risposta
Mattarella ha un suo progetto politico. Nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore ha da realizzare il progetto politico di qualcun altro. In ogni caso nel nostro ordinamento il Presidente deve essere solo un garante, la politica la devono fare i partiti. Ma Come Paolo Savona non gli andava bene il 27 maggio 2018 quando venne proposto da Giuseppe Conte a Ministro dell’Economia, pur essendo sostenuto sia da Movimento 5 Stelle che Lega, oggi al contrario gli va bene Draghi. Savona si era macchiato di ‘eresia’ nei confronti del Sacro Euro, Draghi invece è la figura ideale per completare il processo di integrazione e normalizzazione (gli euroscettici e i veri sovranisti potrebbero scegliere il termine ‘fagocitazione’) dell’Italia in Europa.
Perché i media mainstream sembrano tanto contenti?
Ma cosa c’è da essere tanto contenti ed entusiasti di Draghi? Draghi non è quello che svendette l’IRI a bordo del Britannia nel 1992 e che poi la Goldman Sachs compensò lautamente concedendogli la vicepresidenza? Goldman Sachs per altro che poi diede il via alla crisi sui mercati. Non è quello che, un altro Presidente della Repubblica, Cossiga, definì testualmente (video di seguito) “Un vile affarista. Non si può nominare premier chi è stato assunto dalla Goldman Sachs (…) È il liquidatore, dopo la crociera sul Britannia, dell’industria italiana. Ora svenderebbe quel che rimane…”
Non è quello del famoso ‘Gruppo dei Trenta’ che promosse l’uso dei derivati contribuendo a causare la crisi economica mondiale?
Non è quello che come presidente della BCE era stato accusato anche da Savona per la questione Spread con le parole: “Ma Draghi per chi lavora?”.
E non fu lui ad affidare il giudizio di affidabilità delle banche europee al più grande investitore internazionale proprio del settore bancario, il colosso americano Black Rock? Cioè il maggiore acquisitore al mondo di banche, incaricato da un banchiere, a decidere l’affidabilità e quindi il valore delle banche da acquistare. Ma più conflitto di interesse di così? Altro che Berlusconi!
E poi Draghi non è membro del Bilderberg, della Commissione Trilaterale Rockefeller, del G30 e dell’Aspen Institute? Che c’è da essere tanto contenti?
Possibile risposta
Questi descritti secondo il mainstream non sono difetti, sono tutti aspetti positivi. Il motivo è semplice – il nostro mainstream fa parte della stessa genesi e ha gli stessi obiettivi. I mezzi di informazione moderni stanno in piedi grazie ai finanziamenti e alle cooptazioni dell’alta finanza, i giornali cartacei non li compra più nessuno, i media di Stato non esistono più e la pubblicità internet non basta a mantenere tutti i giornalisti. Quindi qualcosa nato e mantenuto dall’alta finanza non potrà che mostrarsi entusiasta della sostituzione della politica con l’alta finanza.
Naturalmente in questa fase delicata il mainstream non starà lì a ricordarvi la storia del Britannia e della svendita dell’IRI. Ma per questo ci siamo noi, che, finché non arrivano anche qui, possiamo ancora scrivere quello che ci pare.
Cos’era l’IRI e cosa accadde sul Britannia
L’IRI, acronimo di Istituto per la Ricostruzione Industriale, era un ente pubblico italiano per la politica industriale.
Istituito nel 1933, nel dopoguerra ampliò gradatamente il suo campo di azione fino a divenire il fulcro di tutto l’intervento pubblico nella nostra economia. Nel 1980 l’IRI era un gruppo di circa 1 000 società con più di 500.000 dipendenti. Ancora nel 1993, dopo l’inizio della privatizzazione, era il settimo conglomerato economico al mondo per dimensioni e nel 1992, anno del Britannia, chiudeva l’esercizio con circa 76mila miliardi di lire di fatturato. Certo, aveva anche circa 5miliardi di perdite nonostante il fatturato, ma per diamine – dava da mangiare ad almeno mezzo milione di italiani!
Tra le società dell’IRI che vennero privatizzate si ricordano in particolar modo Telecom Italia e Autostrade S.p.A. Dopo l’inizio delle privatizzazioni, tempo un decennio, l’IRI cessò di esistere definitivamente. Ora quelle società privatizzate esistono ancora certo, ma non appartengono più allo Stato italiano. Non solo, buona parte del capitale non è in mano ad italiani affatto ma alle grandi corporate internazionali e i grandi gruppi finanziari.
La vendita, da alcuni viene chiamata ‘svendita’, ma non solo dai ‘soliti complottisti’, persino la Corte dei Conti in un documento pubblicato il 10 febbraio del 2010 ebbe non poco da ridire sia sul metodo che sui risultati ottenuti da quelle privatizzazioni di energia, acqua, autostrade e banche.
Ebbene secondo la Corte, le aziende finite in mano ai privati avrebbero sì visto un “recupero di redditività”, ma non certo dovuto ad una maggiore efficienza, quanto piuttosto all’incremento delle tariffe contro alcun investimento per migliorare i servizi.
Peggio ancora il giudizio riguardo al metodo di privatizzazione, descritto come caratterizzato da “una serie di importanti criticità, le quali vanno dall’elevato livello dei costi sostenuti e dal loro incerto monitoraggio, alla scarsa trasparenza connaturata ad alcune delle procedure utilizzate in una serie di operazioni, dalla scarsa chiarezza del quadro della ripartizione delle responsabilità fra amministrazione, contractors ed organismi di consulenza, al non sempre immediato impiego dei proventi nella riduzione del debito”.
Ebbene questa privatizzazione sulla quale la stessa Corte dei Conti sembra formulare una ‘teoria del complotto’, iniziò appunto quel 2 giugno del 1992, quando Draghi si recò sul panfilo della regina d’Inghilterra Elisabetta II HMY Britannia per incontrare alti rappresentanti della comunità finanziaria internazionale.
Dopo la conclusione del suo incarico come direttore esecutivo della Banca Mondiale, nel 1991, Draghi era divenuto Direttore generale del ministero del Tesoro, chiamato a quell’incarico dall’allora ministro del Tesoro del settimo governo Andreotti, Guido Carli. A suggerire il suo nome fu Carlo Azeglio Ciampi, allora governatore di Bankitalia. Nel 1992, le finanze italiane versano in condizioni drammatiche (ma non è che poi sia migliorato tanto), a febbraio era stato firmato il Trattato di Maastricht, era in piena corsa ‘Mani Pulite’, il 23 maggio, poco prima del Britannia quindi, vi fu la Strage di Capaci, e il 16 settembre, quindi poco dopo, il mercoledì nero in cui Soros massacrò Lira e Sterlina.
La X.ma legislatura (Goria – De Mita – Andreotti VI e Andreotti VII) si concluse il 22 aprile, lasciando il posto alla XI.ma, quella di Amato e poi Ciampi.
In questo contesto si decise di dare il via per fare cassa a un piano di privatizzazioni delle società partecipate dallo Stato e da qui il ruolo di Draghi sul Britannia – trovare investitori.
Vu cumprà?
La settimana dopo la Stage di Capaci i giornali erano troppo impegnati a seguire altro e l’attenzione pubblica troppo presa da altri problemi. Per cui nessuno fece caso a quell’evento e, forse, nessuno neppure aveva tanto interesse a volgervi i riflettori:
“Signore e signori, cari amici, desidero anzitutto congratularmi con l’Ambasciata Britannica e gli Invisibili Britannici (British Invisibles = gruppo di interessi finanziari britannici) per la loro superba ospitalità. Tenere questo incontro su questa nave è di per sé un esempio di privatizzazione di un fantastico bene pubblico”, esordì Draghi in un discorso che portò fin troppi ben motivati investitori stranieri sulle mani dei nostri beni di famiglia.
Qualche tempo dopo, per l’esattezza il 31 maggio del 2011, lo stesso Draghi, bello, bello, durante una conferenza alla quale partecipava anche Ciampi, ricordava quei tempi con il massimo orgoglio e presentandosi a ‘salvatore della Patria’:
“La strada del risanamento è percorribile, ho ricordato spesso, negli ultimi mesi, l’esperienza italiana all’inizio degli anni ’90, quando il nostro Paese si trovò ad affrontare una gravissima crisi di fiducia nella sostenibilità del suo debito pubblico, e qui abbiamo uno dei protagonisti della usciata da quella crisi, direi il protagonista, il Presidente Ciampi. In quel periodo dovevamo collocare sul mercato ogni anno titoli per un ammontare pari in termini reali, a 10 volte il fabbisogno del finanziamento annuo della Grecia oggi a due volte come incidenza sul PIL. L’Italia seppe uscire dalla crisi senza bisogno di aiuti esterni, senza fondo monetario, ma grazie ad un ambizioso piano di consolidamento fiscale, a riforme strutturali importanti e all’attuazione di un programma di privatizzazioni pari a circa 10 punti percentuali di prodotto”.
Quindi, in buona sostanza, SuperMario il genio, quello che ci ha già salvati una volta svendendo il meglio che avevamo per 10 punti percentuali di prodotto, che però una volta svenduti gli anni dopo il prodotto non lo hanno più generato, oggi è tornato a salvarci una seconda volta. Magari con lo stesso splendido metodo. Che c’è di più bello? Non siete contenti?
Perché Renzi si è immolato per Draghi?
Altro punto interessante da analizzare ma che richiederebbe un altro intero articolo. Chi glielo ha fatto fare a Renzi? Con questa mossa è sceso sotto il 3% di consensi, fuori persino dagli sbarramenti elettorali. Perché ha insistito tanto? Ok, suonano nella stessa band al Bilderberg, ma può essere solo ‘spirito di squadra’?
Una possibile risposta ce la dà l’economista e blogger Arnaldo Vitangeli, de la Finanza sul Web, che di recente, e presto capirete perché, ha visto da YouTube demonetizzarsi il proprio canale rimanendo impossibilitato a proseguire i suoi progetti di libera informazione web in maniera professionalmente remunerativa.
Vitangeli spiega che Renzi avrebbe compiuto un suicidio programmato per portare a termine una missione. Nato come ‘rottamatore’ del PD, arrivato al Governo, provò a realizzare il piano della Banca d’affari america JPMorgan che nel 2012 chiedeva di modificare le costituzioni dei paesi del sud Europa perché troppo poco permeabili al concetto di ‘libero mercato’. Renzi ci provò a svolgere questo compito ma gli italiani lo fermarono. Ora però l’occasione è tornata. Non da protagonista, ma da assistman per il nuovo centro avanti. Cosa ci guadagnerà dal riuscire a mettere Draghi a curatore fallimentare del Paese?
Bhé, dice Vitangeli, (minuto 23:44) “Considera che pochi giorni fa è andato a parlare in Arabia Saudita ed è stato pagato 80mila euro per un discorso, nel suo inglese maccheronico, non si sa bene su cosa. Ma per quale motivo i sauditi dovrebbero pagare 80mila euro per sentire parlare Renzi? La fine di questi soggetti, una volta che hanno portato a temine il loro mandato, è quello di fare i conferenzieri strapagati. Che cosa vuol dire? Tangenti posticipate”.
Perché il Movimento 5 Stelle e La Lega potrebbero votare per Draghi?
Questo è un altro dei misteri tattici della politica italiana.
“Non do la fiducia a una persona come te, ma non perché sei tu. Per quello che rappresenti. Tu rappresenti le banche, i poteri forti…” diceva testuale Grillo durante alla famosa diretta streaming del 19 febbraio 2014 alle consultazioni con Renzi.
Solo oggi si capisce che forse non aveva tutti i torti, dato quanto sta facendo Renzi per far entrare appunto il miglior rappresentante di banche e poteri forti al Governo. Ma allora, che senso ha, proprio adesso che finalmente a Grillo gli si potrebbe dare ragione, lasciare che il suo stesso movimento gli dia invece implicitamente torto? Come fa un M5S in 6 anni a passare dall’umiliare Renzi a votare Draghi? Sembra quel film di Ettore Scola in cui Gassman alla fine ammette “Volevamo cambiare il mondo, e invece il mondo ha cambiato noi”.
Per quanto riguarda La Lega e Salvini il mistero non è meno fitto. Hai la possibilità di andare al voto e monetizzare tutti i vantaggi che ti hanno regalato, che fai?
No, ma perché c’è il coronavirus e anche Mattarella ha detto che adesso non è il caso. Bene, analizziamo anche questa allora.
Paesi europei in cui nel 2021 si terranno elezioni
A parte tutte le elezioni che ci sono state nel 2020, non stiamo neppure a contarle, parliamo solo di quelle programmate quest’anno e solo di quelle nel nostro continente, altrimenti non finiamo più:
- Portogallo – 24 gennaio – elezioni del Presidente della Repubblica, già tenute.
- Kosovo – Probabilmente si ricorrerà ai seggi questo mese dopo la sentenza della Corte costituzionale sull’illegittimità del Governo Hoti. In primavera ci sarà anche l’elezione del presidente.
- Catalogna – 12 febbraio, rinnovo del Parlamento.
- Bulgaria – doppi elezioni, il 28 marzo per il Parlamento, in autunno le presidenziali.
- Olanda – elezioni legislative il 17 marzo.
- Germania – In primavera 6 elezioni regionali nei laender e il 26 settembre la grande elezione per il Parlamento federale per decidere il successore di Angela Merkel
- Albania – 25 aprile, elezioni legislative.
- Regno Unito – Scozia, Galles e Londra votano il 6 maggio
- Cipro – 23 maggio legislative.
- Norvegia – 13 settembre, legislative
- Russia – 19 settembre, legislative
- Islanda – 25 settembre, legislative
- Repubblica Ceca – 15 ottobre, legislative
Si può quindi sapere di che si sta parlando? Tutti fanno le elezioni se serve, noi no perché da noi c’è la pandemia. Ma non gli suona a nessuno come una scusa, no?
Cosa accadrà?
Mio parere personale e personale preoccupazione è che il problema non sia tanto Draghi o non Draghi. Il problema è che se ci sono potenze finanziarie sovranazionali, che hanno deciso che per essere più ‘adatti ai mercati’ quel che resta del nostro Stato deve essere annientato, allora in un modo o nell’altro lo annienteranno. Perché non abbiamo un sistema di difesa. Non abbiamo politici sufficientemente motivati da sincero amore per il Paese, quindi facilmente adescabili con la pecunia, non abbiamo un sistema di informazione studiato per metterci in guardia e informarci sul serio, non abbiamo una base di consapevolezza popolare.
Quindi se vogliono smantellare quel che resta della nazione lo faranno. E neppure ce ne accorgeremo più di tanto o ci lamenteremo. Faremo la fine di quelle famiglie in cui ad un certo punto si vende tutto per passare gli ultimi anni di vita in rendita. Tutti contenti, solo che in una generazione si brucia tutto il lavoro di tre generazioni prima e non si lascia nulla alla generazione dopo. Però la nuova generazione neppure ci farà caso, semplicemente nascerà senza nulla, senza un domani, senza possibilità di sviluppo e, soprattutto, senza un sistema educativo e di informazione che gli spiegherà come sia successo e cosa fare per riprendersi ciò che gli spetta.
In pratica finiremo come quelle splendide nazioni tropicali nelle quali si va in vacanza e tutta la popolazione locale lavora nei ristoranti e negli hotel. Solo che i ristoranti e gli hotel non sono i loro.