Uno degli aspetti maggiormente importanti per condurre un percorso volto al miglioramento personale e alla ricerca della propria felicità, è quello di saper costruire e coltivare rapporti interpersonali sani e duraturi.
L’uomo, inteso come essere vivente, ha la necessità di vivere all’interno di una società, che piccola o grande che sia, deve dare la possibilità a ciascun individuo di interagire con gli altri pari.
La finalità è quella di permettere a ciascun partecipante di condividere esperienze e pensieri che possano arricchire il proprio bagaglio culturale e personale.
Non siamo fatti per stare da soli, ma per riuscire a vivere correttamente in gruppo è necessario imparare a stabilire rapporti sinceri e consapevoli.
Per farlo bisogna curare un aspetto fondamentale: quello della comunicazione.
Parlare è una delle cose che facciamo di più ogni giorno: scambiamo con chi entra in contatto con noi centinaia e centinaia di termini e vocaboli, nel tentativo non solo di condividere informazioni, ma di creare e rinsaldare i nostri rapporti.
Quello che dobbiamo chiederci, però, è se, oltre a parlare, riusciamo davvero anche a comunicare.
Per capire la differenza tra i due aspetti, basta fare un salto dall’altra parte della staccionata comunicativa: che differenza c’è tra sentire e ascoltare?
Sentire è un’azione che sottintende la capacità di acquisire e decodificare informazioni, selezionandole e archiviandole per grado di importanza, ponendo in primo piano quelle ritenute più importanti, e lasciando scivolare tutte le altre in un limbo che non sovraccarichi le nostre capacità mnemoniche.
Ascoltare, invece, è ben diverso: è porre la massima attenzione su ciò che il nostro interlocutore ci sta dicendo, accogliendo e facendo propri quei concetti e quelle emozioni condivise, cercando di custodirle dentro di noi.
Come vedete la differenza è abissale: da una parte c’è il sentire, che è un’azione quasi meccanica, a volte passiva, che viene svolta con una finalità tecnica, che è quella di ricordare ciò che ci viene detto. Si può ascoltare una lista della spesa, un elenco di appuntamenti, o un itinerario di viaggio che preveda diversi spostamenti.
Dall’altra parte, invece, c’è l’ascoltare, un’azione che richiede attenzione ed empatia, nonché un’abbondante dose di propensione all’accoglienza e alla condivisione.
Tornando dall’altra parte della staccionata comunicativa, ecco che parlare e comunicare possono essere assimilati al sentire e all’ascoltare.
Parlare, infatti, sottintende la necessità di far fluire delle informazioni, di scambiare dei dati, di creare contatti rapidi con un altro individuo per trasferire nozioni che possano essere utili ad entrambi.
Si può parlare dappertutto: in attesa alla fermata dell’autobus o della metropolitana, così come durante uno spostamento in auto, o mentre svolgiamo altre attività che non ci richiedano il totale assorbimento delle nostre capacità di attenzione.
Per comunicare, invece, è necessario abbattere qualsiasi barriera che possa separarci dal nostro interlocutore, creando il contesto migliore per far fluire ogni singola parola, e farla giungere in modo chiaro e diretto, così da poter essere accolta e assimilata.
Ne scaturisce, quindi, che bisogna creare la situazione migliore perché la comunicazione possa risultare davvero efficace, e per far sì che quello scambio non sia un semplice parlare.
Ma perché comunicare in maniera efficace è davvero così importante?
Nella gestione dei nostri rapporti interpersonali quotidiani è essenziale sviluppare e mantenere un alto livello qualitativo di comunicazione.
Quando abbiamo a che fare con i nostri familiari, ai quali ci legano dei profondi e sinceri sentimenti, o quando ci relazioniamo con i nostri colleghi, con i quali abbiamo la necessità di coltivare la collaborazione e l’affiatamento, è indispensabile che lo scambio bidirezionale avvenga su canali ben precisi: quello della comunicazione e quello dell’ascolto.
Il motivo è assolutamente primario: comunicare in modo efficace ci aiuta a sviluppare un alto livello di empatia con chi c’è di fronte, e ci permette di consolidare una profonda comprensione reciproca, che è uno degli elementi alla base di tutti i rapporti interpersonali di successo.
L’empatia ci aiuta a comprendere meglio i sentimenti e i bisogni degli altri, supportandoci nell’attivazione di tutte le nostre frequenze d’ascolto, e aiutandoci a sviluppare una comunicazione che possa essere davvero efficace.
Non solo: questo è il concetto cardine per evitare pericolosi fraintendimenti e malintesi, che sono una delle prime cause di destabilizzazione dei rapporti interpersonali.
Ecco, dunque, che sviluppare una comunicazione aperta e onesta con i nostri cari e con i nostri colleghi, ci permetterà non solo di aumentare la qualità dei nostri scambi comunicativi, ma anche di evitare che questi naufraghino a causa della mancanza di chiarezza tra noi e chi c’è accanto.
Per evitare tutto ciò, è importante prendere consapevolezza di nostri metodi di comunicazione, dimostrando a noi stessi la disponibilità a verificarli e a migliorarli costantemente.
Il problema di una comunicazione non efficace, infatti, non è sempre dato nell’incapacità di chi c’è di fronte di non riuscire ad ascoltare ciò che noi stiamo provando a trasferire, ma può risiedere in possibili dinamiche comunicative errate, che però ci ostiniamo a portare avanti.
Ogni qualvolta tentiamo di comunicare con qualcuno che ci sta a cuore, chiediamoci se il nostro atteggiamento comunicativo sia sufficientemente sicuro, affidabile e positivo.
Senza questi tre elementi, infatti, il rischio è che chi dovrebbe, o vorrebbe, ascoltarci, non riesca ad attivare le corrette frequenze per farlo in modo positivo e propositivo.
Dobbiamo ricordare che le persone sono portate ad ascoltare chi parla con semplicità, associando alle proprie parole un forte atteggiamento di sicurezza, perché questa crea fiducia nell’interlocutore.
Chiaramente non è solo come comunichiamo a fare la differenza, ma anche cosa diciamo: essere portatori di concetti positivi, infatti, creerà in chi c’è di fronte un ottimo presupposto all’ascolto.
Parlare male di altri familiari, o di altri colleghi, così come del nostro capo, ci farà apparire come inaffidabili agli occhi di chi ci sta ascoltando, perché non staremo trasmettendo e condividendo emozioni sincere o soluzioni concerete, ma solo critiche sterili e senza alcun risvolto costruttivo.
Quando si comunica con le persone a noi care, invece, è fondamentale farlo in maniera trasparente e diretta, perché quella sarà la misura che ci ritroveremo a gestire quando saranno loro ad entrare in comunicazione con noi.
Non bisogna, quindi, avere timore di osservare e valutare i nostri schemi comunicativi, per cercarne eventuali limiti da correggere, perché quelli possono rappresentare un ostacolo importante nella gestione dei rapporti con la nostra famiglia e il nostro mondo lavorativo.
Migliorarsi vuol dire osservarci senza la paura di dover lavorare su noi stessi.
Se anche tu credi nella cultura del miglioramento, per evolvere noi stessi e implementare i rapporti con chi c’è accanto, ti consiglio la lettura del mio ultimo libro “Come migliorarsi per essere più felici”, edito dalla Lab DFG, nel quale ho approfondito tutti gli aspetti che regolano la comunicazione efficace.
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