Lo scrittore e poeta brasiliano Paulo Coelho una volta ha scritto: “Non mi pento dei momenti in cui ho sofferto, porto su di me le cicatrici come se fossero medaglie”.
Si tratta di un pensiero che racchiude un nucleo concettuale estremamente interessante e profondo: con quali occhi riusciamo a vedere le nostre cicatrici?
Che in altre parole potrebbe essere anche tradotto: come guardiamo alle nostre sconfitte, ai nostri insuccessi?
Ma soprattutto: come valutiamo i momenti non positivi della nostra esistenza?
Partiamo dall’assunto che nella vita non esiste un percorso senza cadute.
Bisogna fare molta attenzione a pensare il contrario, perché potrebbe essere realmente nocivo e dannoso per noi.
Le difficoltà fanno parte della vita, e anche la strada che apparentemente sembra la più agevole e la meglio lastricata, può nascondere su di sé un inciampo capace di farci cadere a terra.
È bene tenerlo sempre a mente, perché il ritmo frenetico della vita moderna ci porta ad affrontare ogni nostra avventura personale e professionale, con il passo spedito di chi vuole arrivare al traguardo nel minor tempo possibile, soprattutto in quelle che ci appaiono le più semplici da percorrere.
Questo, oltre a toglierci il gusto di affrontare ogni nostro viaggio esistenziale con la giusta velocità di crociera, che possa permetterci di apprezzare fino in fondo ogni esperienza che stiamo vivendo, ci espone al rischio di rovinose cadute, dalle quali sarebbe più difficile rialzarsi.
Ciò che invece andrebbe sempre fatto è restare lucidi e concentrati sul concetto di difficoltà, per guardarla con occhi nuovi, che sappiano coglierne tutte le sfumature positive.
Sembra un ossimoro, ma in realtà mettere sullo stesso piano il termine difficoltà e quello positivitità non lo è affatto.
I momenti meno belli della nostra vita possono risplendere di una luce positiva se analizzati tenendo conto dei giusti fattori.
Facciamo un piccolo salto indietro nel tempo, e torniamo a quando eravamo dei bambini: se ricordate attentamente, il concetto espresso da Coelho non è altro che il modo che avevamo in giovane età di gestire le cadute che ci capitava di fare.
Le cicatrici che segnavano le nostre ginocchia, i nostri gomiti e le nostre mani, diventavano delle medaglie da mostrare con fierezza ai nostri coetanei, per raccontare un evento nel quale ci eravamo cimentati, ma che alla fine non era andato come speravamo.
Il mancato raggiungimento del risultato finale, però, non influiva nella valutazione dell’esperienza vissuta: il tentativo di raggiungere un obiettivo era di per sé un valore, nonostante quel momento si fosse concluso con una caduta e una sconfitta.
Il risultato finale non influenzava necessariamente la bellezza di ciò che si era vissuto e di ciò che si era provato a fare, anche se questo non era terminato come noi speravamo.
Crescendo, poi, il modo di guardare ai nostri insuccessi è diametralmente cambiato: questi, infatti, sono diventati eventi valutati da noi con una sola accezione negativa, tanto da portarci a nasconderli il più possibile agli altri. In alcuni casi, impegniamo anche molte energie per cercare di cancellarli addirittura dalla nostra memoria personale.
Portiamo avanti un tentativo di strappare via le pagine meno belle del libro della nostra vita, senza pensare che senza quelle pagine non potrà mai essere realmente completo, e noi non potremmo ritrovarci lì dentro davvero completamente.
È qui, dunque, che poggia il concetto di resilienza, quale forza che ci permettere di resistere alle sfide della vita, e di rinascere più forti dalle nostre sconfitte.
Il termine resilienza oggi è drammaticamente inflazionato e spesso viene utilizzato quasi per moda, per indicare un concetto simile a quello della resistenza, ma con un’accezione più personale.
Questa grande esposizione ha fatto sì che quando si parli di resilienza, spesso si tenda a sminuire la sua importanza, perché si riconduce ad una mera operazione di comunicazione.
In realtà non è affatto così, perché la resilienza è qualcosa che tutti noi dovremmo conoscere attentamente, per cercare di sviluppare nel modo più corretto possibile.
Come abbiamo già visto ( Resilienza ) le difficoltà che abbiamo vissuto nella nostra vita hanno avuto la capacità di rafforzare la nostra mente e di irrobustire il nostro corpo, di renderci, quindi, persone più forti e più evolute rispetto alla versione precedente di noi stessi.
Per riuscire ad acquisire quest’arricchimento personale è necessario mettere in atto i processi di resilienza capaci di gestire il corretto funzionamento dei meccanismi che portano alla valutazione positiva di ciò che ci è accaduto.
Primo tra tutti l’assenza di ricordi intrusivi rispetto alle esperienze traumatiche: quanto vissuto non deve essere involontariamente rievocato attraverso immagini, odori, rumori, colori, che ci riportino automaticamente all’esperienza dolorosa.
Altro aspetto fondamentale è quello di conservare integralmente nella nostra emozione i ricordi legati all’evento traumatico, senza cancellarne parti o frammenti di esso. Tutto fa parte della nostra vita, anche le emozioni che abbiamo classificato come meno piacevoli, e creare delle lacune all’interno dei nostri ricordi ridurrà la capacità di tramutare in positivo ciò che era stato vissuto negativamente. È esattamente l’atto dello strappare via le pagine dal libro della nostra vita, che ci impedirà di avere una visione d’insieme della nostra storia personale.
Alla base di tutto, poi, c’è la capacità di mantenere una considerazione positiva di noi stessi, nonostante il grado dell’esperienza traumatica, conservando alti i nostri livelli di autostima. Colpevolizzarsi per quanto accaduto non serve a nulla, poiché lo si deve guardare come ad un evento e non al risultato della propria incapacità.
Tutto questo concorre alla possibilità di elaborare un significato positivo di quanto vissuto.
Persino nelle situazioni più drammatiche è possibile individuare qualche aspetto positivo e, di solito, avere una capacità resiliente aiuta a individuarlo e riconoscerlo.
Ecco, dunque, che la resilienza non è più una dote o uno strumento da saper utilizzare, ma una forza da sfruttare per rialzarsi e valutare attentamente quanto ci ha fatto cadere.
Soprattutto la resilienza non è una qualità innata, che custodiamo o meno fin dalla nascita, ma una risorsa che possiamo, e dobbiamo, sviluppare nella nostra vita attraverso pratiche virtuose.
Per far sì che la resilienza possa sprigionare tutta la sua efficacia, è necessario lavorare su noi stessi, già prima che l’insuccesso faccia capolino nella nostra vita: immaginiamoci impegnati nella preparazione di un terreno che deve essere arato e concimato perché il raccolto possa essere il migliore possibile (nonostante le eventuali avversità atmosferiche e climatiche).
Allo stesso modo anche noi dobbiamo curare con attenzione alcuni aspetti fondamentali nello sviluppo della resilienza.
Ci sono alcune caratteristiche strutturali della personalità sulle quali dobbiamo concentrarci, perché la nostra resilienza possa poggiare su basi solide e sicure.
Prima tra tutte la visione equilibrata della nostra vita, che ci aiuta nella valutazione delle piccole e grandi decisioni che quotidianamente ci troviamo a prendere, e che ci rende lucidi nella visione di tutte le componenti che formano la nostra esistenza.
È fondamentale anche sviluppare la perseveranza, che rappresenta il carburante da dover utilizzare giorno dopo giorno per cercare di raggiungere i nostri obiettivi, senza farci abbattere dalle eventuali difficoltà che ci dovessimo trovare ad affrontare.
Allo stesso tempo, la fiducia in noi stessi è quell’aspetto che ci rende più sicuri dei nostri mezzi e delle nostre capacità, e allo stesso tempo ci allontana dall’immobilismo, quella pericolosa tendenza per la quale non sappiamo muoverci verso alcuna direzione, scelta o decisione.
Altra caratteristica strutturale è l’autonomia personale, ovvero la capacità di saper gestire i nostri bisogni, siano questi basilari, come saperci prendere cura di noi stessi, o avanzati, come portare avanti anche gli aspetti più complessi della nostra esistenza. L’autonomia personale è la chiave che ci rende liberi, non solo da un punto di vista fisico, ma aiutandoci anche a sviluppare un pensiero che non sia incatenato in vincoli che non ci appartengono.
Ultima, ma non certo per importanza, c’è la capacità di attribuire un significato alla nostra vita: alzarsi la mattina sapendo chi siamo, ma soprattutto cosa vogliamo fare per raggiungere i nostri obiettivi è fondamentale per una corretta gestione delle nostre energie e del nostro tempo.
Diversamente sarebbe come iniziare ogni giorno un viaggio senza avere una cartina che ci indichi il percorso da seguire, con il rischio di rimanere fermi sul nostro posto o di muoverci a vuoto nello spazio.
Analizzando attentamente tutte queste caratteristiche strutturali, possiamo assolutamente accorgerci che questa non è solo la ricetta ideale per far sì che la resilienza possa germogliare dentro di noi nel momento in cui dovessimo vivere eventi traumatici, ma anche la prescrizione che dovremmo seguire per strutturarci come persone solide e resistenti alle avversità della vita.
Gli studi hanno rilevato, inoltre, che nelle situazioni stressanti, chi possiede queste caratteristiche sperimenta più emozioni positive, perché dimostra di avere una forte propensione alla crescita personale, e di conseguenza una grande resilienza.
Dall’altra parte, esiste una relazione diretta tra una buona autovalutazione, intesa come variabile della resilienza, e certe dimensioni della personalità, come l’estroversione, la gentilezza e l’apertura a nuove esperienze.
Altri studi ancora ritengono che la resilienza si sviluppi quando gli individui affrontano situazioni avverse: ecco perché ognuno di noi dovrebbe buttarsi ogni giorno in qualsiasi tipo di situazione, semplice o complessa che sia, in modo da sviluppare maggiormente la propria resilienza.
Quel che posso affermare personalmente, è che ogni volta che mi sono trovato in situazioni avverse, ne sono uscito più forte di prima, dal punto di vista emotivo, formativo e dell’accrescimento della mia autostima.
In poche parole ho imparato che nella vita tutto ha un significato, anche gli eventi più negativi, e sta solo a noi avere la capacità di interpretarli in maniera corretta.
È proprio per questo motivo, per l’importanza che ritengo abbia la resilienza per la nostra vita, che ho deciso di dedicarle l’incontro che si svolgerà a Latina lunedì 20 maggio: si tratta del quarto appuntamento dell’Academy “Comunicazione Vincente”, l’innovativo percorso di formazione che ho studiato personalmente, e che finora ha aiutato centinaia di persone a guardare con occhi diversi la propria realtà, per adottare scelte più consapevoli e positive.
Non privarti della possibilità di diventare la versione migliore di te stesso.
Il prossimo appuntamento sarà lunedì 20 maggio [email protected] per maggiori informazioni, prenotazioni.