Il Coronavirus ha dato la possibilità di scovare interessanti notizie, relative a cambiamenti e mutazioni. Tra queste, alcune sono permanenti ed altre invece si sono rivelate essere momentanee. Qual è la situazione relativa al gioco d’azzardo, invece?
Uno studio del CNR di Pisa ha dato le risposte. Inequivocabili, per altro: la spesa è risultata bassa nel periodo del lockdown, a fronte di un aumento di interesse nei confronti del tema del gioco d’azzardo patologico.
Di questo e di altro ha parlato Sabrina Molinaro, ricercatrice del CNR-IFC e capo della ricerca che ha investito il periodo di lockdown relativamente al gioco d’azzardo: qual è stata la propensione degli italiani e, nella fattispecie, come si è mosso l’intero universo dei giochi?
Molinaro non ha dubbi: il gioco fisico, complice il Covid, ha rallentato. Dunque è risultato essere il gioco online il vero protagonista della pandemia, nonostante qualche calo dovuto allo stop degli sport e dunque delle scommesse sportive, il vero motore di ogni attività sportiva.
Ci si aspettava una migrazione ma, come riferito dalla stessa Molinaro, questa non è avvenuta e se c’è stata non ha raggiunto picchi di significatività importanti al punto da poter far pensare a possibili “passaggi di consegna”. Questo porta alla conclusione che il profilo del giocatore d’azzardo sia rimasto pressoché immutato. E dunque chi giocava online ha continuato, chi non giocava non ha mai iniziato e se qualcuno ha cominciato è solo una minima parte. Quelli più propensi al gioco sono stati soggetti di sesso maschile, in età compresa tra i 30 e i 50 anni. Dominano, tra gli interessi, gli apparecchi da intrattenimento, che hanno dunque innalzato la loro raccolta, determinando una spesa minore anche nel gioco online. Nel gioco fisico invece sono stati spesi in media dieci euro, anche post riapertura dei luoghi del gioco. Il mercato, dunque, non si è ancora riavviato del tutto.
I profili a rischio
Sono dati incoraggianti, quelli offerti dal CNR e raccolti all’interno di una infografica da Gaming Insider. Significativi perché indicano quanto gli italiani giochino in maniera sana ed equilibrata. I profili a rischio sono dunque sempre in percentuali minori. Difatti è emerso che il 41% della popolazione gioca una volta l’anno e va da sé che sia solo uno sparuto 3% a presentare possibili rischi da un punto di vista patologico. Minoranza di cui va debitamente tenuto conto, tuttavia.
In molte regioni, come ben testimonia la keyword “gioco d’azzardo patologico”, la ludopatia è un tema molto sentito: ricercatissimo in Molise (100%), Abruzzo (95%) ed Umbria (89%). Questo perché il gioco è sempre più affare per molti, come ben ha evidenziato la stessa Molinaro: i giovanissimi, di età compresa tra i 15 e i 19 anni, hanno aumentato il loro gradimento verso i videogiochi, anche quelli online senza vincite in denaro.