Due settimane fa Dario Musso, a Ravenusa in provincia di Agrigento, veniva bloccato dalle forze dell’ordine e sottoposto a TSO in mezzo alla strada.
Una grande mobilitazione online aveva diffuso, grazie a un tam tam inarrestabile, le immagini indegne che ritraevano un cittadino inerme atterrato dagli agenti e “trattato” a forza con iniezioni di sostanze non meglio specificate, somministrate da individui in camice bianco evocativi dei peggiori film distopici. “Se possono farlo a lui”, è l’interrogativo riecheggiato in milioni di case e di smartphones, “allora possono farlo a tutti?”.
Per quattro lunghi giorni la famiglia non è mai riuscita a mettersi in contatto con Dario, e quando finalmente gli è stato concesso, è stato per sentire una flebile voce, all’altro capo del telefono, che a stento riusciva a biascicare parole di senso compiuto. A cosa serve un trattamento sanitario obbligatorio, se lascia i cittadini ad esso sottoposto in condizioni di gran lunga peggiori di quelle in cui si trovava prima (ammesso che ne avesse bisogno)? Cosa cura, esattamente, un trattamento che prende un cittadino lucido, capace di articolare pensieri in forma complessa (come testimoniato dai numerosi video in rete), e lo restituisce annebbiato, poco presente a se stesso? Domande sulle quali tutti sono chiamati a riflettere. Di seguito l’intervista al fratello di Dario, Lillo Massimiliano Musso, realizzata da Byoblu.com