A inizio Novembre si è verificato un fatto a dir poco increscioso fra le mura di uno degli istituti professionali di Latina.
Due ragazze di 15 e 16 anni, provenienti da un paese limitrofo e già sotto controllo dei servizi sociali, terminata l’ora di educazione motoria, hanno bloccato fisicamente e filmato una terza compagna, loro coetanea, intenta a cambiarsi, come le altre, all’interno dello spogliatoio e per questo colta di sorpresa con addosso solo gli slip.
Non sono bastate le urla disperate e il divincolarsi della vittima a fermare la registrazione di un video irrisorio, divulgato poi su diversi gruppi WhatsApp.
In quel momento non vi erano professori intenti a supervisionare, pur consapevoli del comportamento irrequieto e di analoghi episodi verificatisi in precedenza che avrebbero dovuto rendere le due cyberbulle in questione obbligate ad una supervisione più frequente e severa rispetto agli altri.
La caratteristica più grave, che rispecchia l’individualismo e il menefreghismo divenuti ormai valori fondanti nella società odierna, è che nessuno abbia trovato in quel momento il fermo coraggio di prendere le difese della malcapitata, nonostante fosse presente alla scena.
Un’ omertà silenziosa, dunque. A conferma del fatto che la paura dell’apparentemente più forte, che è al contempo il più scorretto, è già un seme instillato nella maggior parte degli adolescenti di oggi.
Sarebbe opportuno verificare l’appreso dai tanti corsi informativi sul bullismo che vengono autorizzati dalle scuole, ammettendo che il non raccontare dei ragazzi, mosso da timore, orgoglio, qualsivoglia sentimento, non sia per forza equivalente ad un mancato verificarsi di tali episodi negli istituti nei quali si opera.
Polizia postale e servizi sociali continuano nell’indagine sulla dinamica dell’accaduto, mentre la scuola ha già preso severi provvedimenti.