Prima le chiamavano razionalizzazioni, ora riconversioni, ma la sostanza non cambia. Così dalle razionalizzazioni di Badaloni, attraverso Storace e Marrazzo siamo arrivati alle riconversioni di Renata Polverini. Ci riferiamo ai tagli apportati nel corso degli anni alla sanità pubblica ed all’intera rete ospedaliera della Regione Lazio. Qualcuno in provincia di Latina, a Sezze in particolare, si sta stracciando le vesti per la paventata “chiusura” del locale nosocomio, il San Carlo. Eppure che questo ospedale sia rimasto attivo, per così dire, hanno avuto modo di rendersene conto ben pochi. Trasformato nel corso dei decenni in una sorta di cronicario per vecchi, l’unico risultato che sembra avere apportato è quello relativo alle fortune politiche di diverse figure professionali che in esso hanno “operato”. Tanto che è più facile trovarle, tali figure, in Palazzo Comunale piuttosto che all’interno della struttura ospedaliera. Piuttosto che garanti delle buone sorti ospedaliere, costoro si sono invece garantite poltrone e prebende. Come sono lontani i tempi di quei medici che si identificavano con la loro attività professionale all’interno di un ospedale che era punto di riferimento per una larga porzione di territorio provinciale! Poi la politica, impadronitasi della sanità, ha progressivamente distrutto, per tornaconti personali e poltrone da occupare, quanto era stato costruito negli anni. Inutile parlare di reparti che richiamavano, per il buon nome del personale medico e paramendico, utenti da ogni dove. E’ il caso però di rammentare quanto ogni cittadino di Sezze ben sa: l’ospedale è stato svenduto per arrivismi politici personali. E sono ben noti i nomi dei responsabili. L’ultimo a poter parlare è Titta Giorgi, ex consigliere regionale ai tempi di Badaloni, insieme a tutti coloro che fanno riferimento a quella tradizione politica che va dal PCI al PD. Noi di Movimento Libero Iniziativa Sociale siamo in grado di documentare, tramite atti che possiamo tirare fuori dal cassetto, le colpe di questi politici, condivise con i sindacati dell’allora Triplice ( CGIL – CISL e UIL ). E’ stato un depauperamento di servizi, progressivo e mirato. Un depauperamento, con relative chiusure di interi reparti ( come dimenticare, ad esempio, quello di ostetricia e ginecologia? ), che procedeva di pari passo con gli investimenti plurimiliardari su una struttura che per molti ha rappresentato solo una sorta di pozzo di San Patrizio. Chi non ricorda la moderna mensa mai utilizzata, che avrebbe potuto soddisfare le esigenze di decine di aziende? Chi non ricorda le altrettanto non utilizzate e avveniristiche sale operatorie? Chi non sa dei macchinari abbandonati? Chi non conosce le sorti di quella “nuova ala” in perenne edificazione? Questo fiume di denaro continuava ad essere canalizzato su una struttura che già all’epoca sollevava perplessità per la sua ubicazione. Ci preme ricordare che nei programmi del MSI, a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, era prevista, mentre PCI, PSI, PRI, DC, si occupavano solo di appalti e di poltrone, la realizzazione ex novo di un ospedale di area, da posizionare in una località facilmente raggiungibile da numerosi comuni della zona dei Lepini, della provincia di Latina e da molti del frusinate, in località Ceriara, sulla Statale 156. Una proposta sistematicamente respinta con la solita accusa: “sono fascisti e fanno allarmismo sull’ospedale”. Eppure sarebbe stata l’unica soluzione: i piccoli ospedali avevano la sorte segnata. Insieme alle strumentalizzazioni dei vari Giorgi e Andrea Campoli, sindaco PD di Sezze, non ci stupisce la linea di un PDL che prosegue sulla strada aperta da altri. Una strada fallimentare, da quando la sanità pubblica è stata consegnata nelle mani della politica, con dirigenti di nomina partitica, primari selezionati sulle basi dell’appartenenza piuttosto che su quelle delle capacità professionali, finti concorsi con vincitori già definiti per raccomandazioni politiche. Una sanità nelle mani dei padrini. Appaiono quindi del tutto strumentali le prese di posizione di tutti quei politici che tentano di chiamarsi fuori da una situazione di cui sono corresponsabili se non responsabili diretti. Sono credibili dei lupi che ululano ” al lupo”?