Ve lo avevamo promesso e ora siamo qui a raccontarvi del documentario e del libro “Riconciliazione” di Benazir Bhutto.
E’ di questi giorni la notizia della fine degli arresti domiciliari della leader del partito democratico birmano: Aung San Suu Kyi, diversi gli aspetti che legano due tra le più importanti figure politiche dei nostri tempi.
Entrambi donne, provenienti dal continente asiatico, formatesi all’estero con l’obbiettivo di mettere a servizio del loro paese le conoscenze acquisite, leader politici e vittime di regimi dittatoriali.
La vita di Benazir Bhutto si è tragicamente spezzata ma il suo pensiero e la speranza per un futuro migliore continua a vivere nelle opere ad essa dedicate.
Il documentario “Bhutto” di Duane Baughman e Johnny O’Hara, in anteprima al Festival del film di Roma 2010, in poco più di due ore racconta l’epopea del popolo pakistano attraverso le vicende della famiglia Bhutto e della sua esponente più importante, Benazir, presidente del governo giù nel 1988, più volte rieletta e a lungo esiliata dal suo paese fino al suo brutale assasinio nel 2007.
Una proiezione che si è chiusa alla presenza del figlio, Bilawal Bhutto Zardari, attuale presidente del Partito del Popolo Pakistano e che ha espresso la sua soddisfazione per la ricostruzione fatta nel documentario e di come la vicenda della madre possa essere ricordata da tutti e potrebbe renderci tutti consapevoli del suo sacrificio.
In occasione dell’uscita del documentario, che ha avuto un passaggio brevissimo in poche sale in Italia e che dovremo sperare di vedere in seconda serata, Bompiani ha ripubblicato il libro “Riconciliazione” che Benazir Bhutto scrive subito dopo il suo rientro in Pakistan, “accolta” da un attentato il 18 ottobre 2007 che tentò di ucciderla a Karachi e che costò la vita a 179 persone.
Un testamento il suo anche alla luce della sua tragica fine, in cui ripercorre la storia dell’Islam, quella della sua vita privata e politica.
A lungo si dipana in centinaia di pagine nelle quali cerca di smontare pezzo dopo pezzo le idee sbagliate che il mondo si è fatto dell’Islam.
Gli attentati dell’11 settembre hanno scavato ancora di più il solco esistente tra Oriente ed Occidente ma il terrorismo rappresenta, secondo Bhutto, solo una minima parte dell’islamismo; la democrazia, la ricerca ed il rispetto per le donne sono contenute nelle pagine del Corano ma sono state le interpretazioni sbagliate a favorire il diffondersi di certi preconcetti.
Perché allora, alcuni paesi musulmani, sono così indietro nelle istituzioni democratiche, nel garantire i diritti umani, nella ricerca?
La leader del partito ritrova le tracce di questa secolare arretratezza nel colonialismo e nell’intromissione delle potenze occidentali ma soprattutto nelle lotte tra fazioni che da sempre hanno segnato l’Islam, nel pullulare di dittature teocratiche o militari o di fazioni estremistiche che si sono sostituiti alla Stato nel risolvere i problemi di popolazioni afflitte da sempre dalla piaga della povertà.
La condizione della donna è da sempre al centro dei dibattiti, si crede che la subordinazione sia la norma dei paesi arabi eppure questo non ha impedito la carriera politica della leader dl PPP:
“ I miei genitori mi avevano insegnato che gli uomini e le donne sono uguali agli occhi di Dio, che la prima convertita all’Islam fu una donna, che il Profeta dell’Islam aveva sposato una donna d’affari, che la discendenza del Profeta era stata garantita dalla sua figlia prediletta Fatima e che nel giorno del giudizio tutte le anime sarebbero state chiamate nel nome della Madre”
Un via di speranza si apre allora, un messaggio di riconciliazione che si realizzerà grazie agli aiuti economici, alla lotta contro il terrorismo ma sopratutto nella lotta contro l’analfabetismo.
Purtroppo il sogno di Benazir Bhutto fu tragicamente spezzato a Rawalpindi, il 19 ottobre 2007.
Un libro intenso, pieno e commovente, con un incedere incalzante scopriamo quanta forza c’è in questa donna.
Benazir Bhutto si impegnò con tutta sè stessa per il suo paese, promosse le attività parlamentari e favorì l’accesso delle donne alla magistratura nonché la costruzione di centinaia di edifici scolastici e la campagna di vaccinazione antipolio.
Nel periodo di esilio forzato non si fermò ma si adoperò per sconfiggere la dittatura militare che affliggeva il Pakistan e tutto questo senza rinunciare ad essere moglie e madre.
Spiegò fin da subito ai suoi figli che l’impegno per il Pakistan sarebbe venuto prima di ogni altra cosa, proprio come suo padre, Zulfikar Ali Bhutto, le aveva insegnato prima di morire.
Un libro incredibile che mi ha impegnato anche nella scoperta del significato vero della parola jihad, della differenza tra sunniti e sciiti e ha approfondito la mia conoscenza sulla storia del Pakistan ma anche di tutti gli altri stati islamici.
Un capolavoro, un testamento, un sogno per il nostro futuro.
“ Quelli che l’hanno amata e che l’ameranno sempre, devono continuare a lottare per le cose nelle quali lei credeva con tanta forza e per le quali ha pagato con la vita. Continueremo la battaglia per la democrazia contro l’odio e l’estremismo. Impegneremo la nostra vita per trasformare il messaggio di questo libro nel suo mandato ideale e per il futuro di un Pakistan democratico. Sappiamo che alla fine vinceremo.”
Artcolo a cura di della redazione di Reader’s Bench