La madre, una ragazza italiana di 25 anni, lo aveva partorito, quindi lasciato morire nel water.
Era nato vivo il bimbo gettato in un cassonetto nei pressi del reparto di ginecologia dell’ospedale San Camillo a Roma il 28 febbraio dello scorso anno. La madre, una ragazza italiana di 25 anni, lo aveva partorito, quindi lasciato morire nel water, per poi chiuderlo in un sacchetto, portarselo in una borsa al bar, dove aveva appuntamento con gli amici, e infine sbarazzarsene come fosse spazzatura. Poi la donna è stata ricoverata nello stesso ospedale. I magistrati, però, l’hanno ritenuta sana di mente: per questo motivo dovrà rispondere dell’accusa di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. All’epoca dei fatti la donna si era difesa affermando che il piccolo “era già morto. Mi è anche scivolato nel water e poi l’ho ripreso. L’ho avvolto in un telo, l’ho messo nella busta e l’ho chiuso in un armadio – avrebbe poi aggiunto -, poi mi sono messa a dormire fino alle due del pomeriggio”. Ricostruzione però smentita dalla perizia sul feto, effettuata dal medico legale Costantino Ciallella della Sapienza. Il neonato sarebbe stato quindi lasciato morire dalla madre che aveva tenuto nascosta la gravidanza ai genitori e alla sorella, con la quale da qualche tempo conviveva. La pozione della presunta infanticida è aggravata anche dal fatto che, secondo la perizia psichiatrica, la giovane non è risultata affetta da patologie gravi, ma solo da difficoltà emotive e caratteriali.